Nella sezione del Vangelo di Marco che stiamo leggendo, Gesù, ormai lontano dalle folle, prepara i suoi discepoli alla sorte che sta per attenderlo a Gerusalemme. Dopo l’annuncio seguìto alla confessione di Pietro, viene oggi il secondo annuncio della passione, che, però, al pari di quello, lascia i dodici interdetti e spaventati, tanto che essi non hanno il coraggio di chiedere alcuna spiegazione. Al contrario, accarezzando ancora i sogni di un trionfo terreno di Gesù, trovano più gratificante discutere, in disparte, su come spartirsi il potere e su chi debba essere il più grande tra loro. Alla fine del viaggio, Gesù li convoca (ricorre la parola che indica una chiamata esplicita), per insegnare loro che il primo sarà l’ultimo e il servo di tutti, disposto ad accogliere i più piccoli, proprio come quel bambino, che egli intanto ha preso sulle sue braccia e indica come colui nel quale egli si identifica.
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Restiamo anche noi sbigottiti, o Gesù,
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Vangelo di Marco (9,30-37) <<[Gesù diceva loro]: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»>>.
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