Intervento di Paolo Scozzafava sulla solitudine (in riferimento a

Nella solitudine un uomo è "costretto" a fare i conti con se stesso, vedi il tuo limite, vedi che non sai difenderti, che per spostare un armadio è meglio essere in due, allora cerchi l'altro solo per convenienza? No.

Anche perché pur cercando di appagarci con relazioni umane, sempre come dice il canto dei Navayo: "con un vuoto in me io cammino, nulla potrà rempirlo". Ma il vuoto incolmabile che mai essere umano potra riempire non è una pena, quel vuoto è uno stato di solitudine che diventa un dono, perchè quel vuoto che vivi vuole dirti che non vale la pena vivere in quel modo come vivi. Come vivi? Insoddisfatto di te. L’amore non ti dice viene a me per scappare da, non è una fuga da, ma è una scelta per. Non scelgo di sposare qualcuno per paura della solitudine, ma per libera scelta, con-divisione. Allora la solitudine diventa un dono quando ti fa com-prendere che tu non ti basti da solo. Ma quando pensiamo di bastarci e che, per scansare il pensiero della solitudine, basti solo affacendarsi 24 ore su 24 per non sentirci mai soli, o che cucinando basta tenere la tv o la radio per sentirci in compagnia, o che basti andare a prendere il the o giocare a bridge da qualcuno pur di non stare da soli con noi stessi, allora a lungo andare la realtà ti si presenta in qualche modo per pagare il conto, poiché i surrogati non provengono dall'Origine. La solitudine non è in noi per spezzare la canna incrinata, ti chiede di essere sincero con te stesso, e in questa sincerità, se è vera, tu non ti umili, anzi proprio in questo abisso, ti accorgi della cosa contraria, ti accorgi che è peccato aspirare ad una grandezza "inferiore" di quella a cui si è degni. Proprio, in fondo al pozzo, senti che qualcosa in te, di unico, di grande, va salvaguardato, e non stai lì ad accusarti di quanto fai schifo e di quanto hai saputo utilizzarti male, anzi avverti una forza enorme che ti dice: "Il peccato più grande è proprio quello di non utilizzarci al meglio". Allora, puoi capire davvero, in questo momento, quanto forza esiste nelle parole: "L’amore ti frega sulla stanchezza", quando ti arrendi, quando cedi il tuo potere, nulla più ti possiede, se nulla più ti possiede, sei libero di poter cominciare di nuovo, capisci che la solitudine invece di una chiusura è un invito. In questo abisso, allora si vede tutto, perché non opponi te stesso al resto, cedi, ma la tua resa… ti espande, ti ingrandisce, credi nelle possibilità e non nei limiti. Se ti difendi a spada tratta, non fai altro che difendere il limite. Quali sono i limiti? Quelli che uno pone a tutto il resto quando pensa che lui sia per se la maggior espansione di cui possa usufruire. L’illusione è proprio questa, ogni uomo pensa e tende a bastarsi da se, a vedersi come assoluto, ma poi vede che non si basta, si sente solo come un monaco, e cerca aiuto a qualcuno, nel cercare aiuto a qualcuno, ha bisogno dell’illusione che lui sia almeno assoluto per l’altro, perché? Perché chiede all’altro di essere il suo assoluto? Perché in realtà vuole la stessa cosa dall’altro. Ma se io voglio essere assoluto per l’altro e viceversa, ciò non è possibile, perché un assoluto esclude l’altro. Ci può essere un solo assoluto, se ci sono due assoluti significa che non sono più assoluti ma relativi. Ecco il punto, ci accorgiamo che nessuno essere umano può farci da assoluto, perché siamo relativi uno all’altro, quindi ogni relazione con l’altro è un assoluto, perché è un unicum, ognuno ci da qualcosa. Ne risulta che l’assoluto in ASSOLUTO è l’insieme, la vita, ogni cosa che ci chiama ad essere partecipi, che ci apre alla sperimentazione, al confronto. In poche parole tutto ciò con-voca.