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Presentazione della LABOREM EXERCENS di Giovanni Paolo II, del 14 settembre 1981

Crotone 17/03/2004

Struttura dell’enciclica (cliccare sulle singole parti per accedere ai relativi testi, cliccare su <=  in alto sulla barra, per tornare indietro)

I. INTRODUZIONE: Il lavoro umano a novant'anni dalla Rerum novarum

II. IL LAVORO E L'UOMO

III. IL CONFLITTO TRA LAVORO E CAPITALE NELLA PRESENTE FASE STORICA

IV. DIRITTI DEGLI UOMINI DEL LAVORO

V. ELEMENTI PER UNA SPIRITUALITA' DEL LAVORO


 

INTRODUZIONE

Nn. 1 Il lavoro umano a novant'anni dalla Rerum novarum

15 maggio dell'anno 1981, 90 anni dalla pubblicazione "Rerum novarum"  - «ad opera del grande pontefice della "questione sociale", Leone XIII»

L’enciclica è sul lavoro umano ed è dedicato all'uomo «nel vasto contesto di questa realtà che è il lavoro».

«Giacché l'uomo "è la prima e fondamentale via della chiesa" (Redemptor hominis)».

E il lavoro è

«[1] Fondamentale dimensione dell'umano esistere, con la quale

[2] la vita dell'uomo è costruita ogni giorno, dalla quale essa attinge la

[3] propria specifica dignità, ma nella quale è contemporaneamente contenuta

[4] la costante misura dell'umana fatica, della sofferenza e anche

[5] del danno e dell'ingiustizia che penetrano profondamente la vita sociale,

[6] all'interno delle singole nazioni e

[ 7] sul piano internazionale».

Sono così anticipati tutti i grandi motivi dell’enciclica.

 

 

«[1] Fondamentale dimensione dell'umano esistere:

ANALISI

(N. 1) Apertura del documento sugli attuali «nuovi sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche che, secondo molti esperti, influiranno sul mondo del lavoro e della produzione non meno di quanto fece la rivoluzione industriale del secolo scorso».

Per il cambiamento ci sono «fattori di portata generale»:

1)      l'introduzione generalizzata dell'automazione in molti campi della produzione;

2)      l'aumento del prezzo dell'energia e delle materie di base;

3)      la presa di coscienza dei limiti del patrimonio naturale e dell’inquinamento;

4)      l'emergere dei popoli un tempo colonizzati

Con conseguenze su piano della dignità e dei diritti degli uomini del lavoro e situazioni di violazione di essi

N. 2  Il lavoro umano a novant'anni dalla Rerum novarum

Attuale il problema del lavoro, come “problema dell'uomo”, «al centro stesso di quella "questione sociale"»;

Occorre un «collegamento organico» con la tradizione sullo stesso tema;

Partendo dall'orientamento del vangelo, per estrarre «cose antiche e cose nuove»

cosa antica” – il lavoro «tanto antica quanto l'uomo e la sua vita sulla terra»

cosa nuova” – per i nuovi significati del lavoro umano, con  i nuovi compiti che esso pone

 

Tema presente nella tradizione

confluito nel «principale centro di coordinamento in questo campo»: la Pontificia commissione "Iustitia et pax"

ma pur sempre «dimensione integrale e complessa» che richiede che l'impegno in favore della giustizia sia intimamente unito a quello per la pace.

Tema urgente

- per la dolorosa esperienza delle due grandi guerre mondiali;

- per le tensioni che durante gli ultimi 90 anni hanno scosso molti paesi (europei ex extra)

- per la permanente minaccia di una guerra nucleare e dell’auto-distruzione

 

Tradizione

Magisteriale

Prima dell’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII nel periodo dalla Rerum novarum alla Quadragesimo anno di Pio XI, l'insegnamento per la giusta soluzione della cosiddetta questione operaia

nell'ambito delle singole nazioni;

mentre nella fase successiva l'orizzonte è tutto il globo.

Sullo sfondo il problema della distribuzione sproporzionata di ricchezza e di miseria, (cfr.  Mater et magistra di Giovanni XXIII, nella costituzione pastorale Gaudium et spes del concilio Vaticano II e enciclica Populorum progressio di Paolo VI).

 

N. 3 - Il problema del lavoro, chiave della questione sociale

Per la Chiesa la dottrina sul lavoro è nel contesto della sua dottrina sociale ed ha «la sua sorgente nella sacra Scrittura, a cominciare dal libro della Genesi e, in particolare, nel vangelo e negli scritti apostolici».

Qui è presente una particolare concezione dell'uomo e della sua vita sociale, nella quale «il lavoro umano è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale, di tutta la questione sociale, se cerchiamo di vederla veramente dal punto di vista del bene dell'uomo»,

«nella direzione di "rendere la vita umana più umana"»

 

II. IL LAVORO E L'UOMO

N. 4 Nella Bibbia si prende come punto di partenza il libro della Genesi,  che attesta nel suo genere letterario - «a volte con un modo arcaico di manifestare il pensiero» - che «il lavoro costituisce una fondamentale dimensione dell'esistenza umana sulla terra».

Ciò vale sia prima che dopo il peccato:

L’essere umano è infatti "a immagine di Dio... maschio e femmina" e riceve un compito: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela",

«L'uomo è immagine di Dio … nell'adempimento di tale mandato, l'uomo, ogni essere umano, riflette l'azione stessa del Creatore dell'universo».

Cfr.  www.puntopace.net/Mazzillo/naturacasauomo.htm    ↓↓↓

«Dominare la terra" di Gen 1,28  non può significare farle violenza.

Il lavoro è assecondare l'opera della creazione: non può essere altro che un umanizzare la natura stessa, custodendola e coltivandola.

Ciò dice lo stesso libro della Genesi:

«Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo custodisse e lo coltivasse" (Gen 2,15).

«Il lavoro rappresenta e concretizza quella relazione profonda tra l'uomo e se stesso, la sua esistenza e la terra, affinché quest'ultima si esprima in un'amichevole relazione con l'uomo, affinché la natura non uccida e non faccia violenza, ma viva in pace con l'uomo e con gli animali medesimi.

Ciò significa che l'uomo non solo deve ricorrere alla natura come ad una fonte di terapia, la migliore che abbia a disposizione, ma che egli stesso deve, a sua volta, diventare, terapeuta di fronte alla natura, la quale ha bisogno anch'essa di essere guarita, in alcuni suoi aspetti nocivi e minacciosi per la vita.

L'uomo deve guarirla per essere guarito; essere guarito per guarirla sempre più. «I cieli nuovi e una terra nuova, nei  quali avrà stabile dimora la giustizia» (2Pt 3,13) non sono solo da aspettare, ma dobbiamo collaborare a realizzarli, con un agire coerente e consequenziale al nostro essere a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26-27), quel Dio che ha creato e continua a creare, fino alla venuta del regno perfetto della giustizia e della liberazione di tutta la creazione (Rm 8,1ss)» (G. Mazzillo, ivi).

L’enciclica insiste sul lavoro «inteso come un'attività "transitiva", cioè tale che, prendendo l'inizio nel soggetto umano, è indirizzata verso un oggetto esterno, suppone uno specifico dominio dell'uomo sulla "terra" ed a sua volta conferma e sviluppa questo dominio».

Aggiunge che, nonostante tutte le "accelerazioni" della scienza e della tecnica «nessuna di queste "accelerazioni" supera l'essenziale contenuto di ciò che è stato detto in quell'antichissimo testo biblico….maschio e femmina, "a immagine di Dio»,

in un processo dupliceuniversale: per tutti gli uomini di ogni generazione e in ogni fase dello sviluppo economico e culturale;  

e particolare:  si attua in ogni essere umano che "soggioga la terra" col suo lavoro.

 

N. 5  Il lavoro in senso oggettivo: la tecnica

 Emerge il significato del lavoro in senso oggettivo:

nella relazione con gli animali: addomesticati e  allevati per la sua utilità (cibo, indumenti lavoro)

nella coltivazione della terra e la rielaborazione dei suoi prodotti (agricoltura)

nell’industria («nel coniugare le ricchezze della terra - sia le risorse vive della natura, sia i prodotti dell'agricoltura, sia le risorse minerarie o chimiche - ed il lavoro dell'uomo, il lavoro fisico come quello intellettuale».

«Ciò vale, in un certo senso, anche nel campo della cosiddetta industria dei servizi, e in quello della ricerca, pura o applicata».

Sulla tecnica:  a) «intesa in questo caso non come una capacità o una attitudine al lavoro, ma come un insieme di strumenti dei quali l'uomo si serve nel proprio lavoro, la tecnica è indubbiamente un'alleata dell'uomo».

«Lo sviluppo dell'industria e dei diversi settori con essa connessi, fino alle più moderne tecnologie dell'elettronica specialmente nel campo della miniaturizzazione, dell'informatica, della telematica ed altri, indica quale immenso ruolo assume, nell'interazione tra il soggetto e l'oggetto del lavoro (nel più ampio senso di questa parola), proprio quell'alleata del lavoro, generata dal pensiero umano, che è la tecnica».

b) e tuttavia: «da alleata può anche trasformarsi quasi in avversaria dell'uomo, come quando la meccanizzazione del lavoro "soppianta" l'uomo, togliendogli ogni soddisfazione personale e lo stimolo alla creatività e alla responsabilità; quando sottrae l'occupazione a molti lavoratori prima impiegati, o quando, mediante l'esaltazione della macchina, riduce l'uomo ad esserne il servo».

Nascono qui già sul piano oggettivo gli interrogativi etici sul valore e i limiti della tecnica e del suo utilizzo

 

N. 6   Il lavoro in senso soggettivo: l'uomo-soggetto del lavoro

L'uomo  da "immagine di Dio" è «persona, cioè un essere soggettivo capace di agire in modo programmato e razionale, capace di decidere di sé e tendente a realizzare se stesso».

«Come persona, l'uomo è quindi soggetto del lavoro. Come persona egli lavora, compie varie azioni appartenenti al processo del lavoro; esse, indipendentemente dal loro contenuto oggettivo, devono servire tutte alla realizzazione della sua umanità, al compimento della vocazione ad essere persona, che gli è propria a motivo della stessa umanità». (Cfr. Gaudium et spes, particolarmente nel capitolo I dedicato alla vocazione dell'uomo).

 

Gaudium et spes: 12. «(L'uomo ad immagine di Dio). Credenti e non credenti sono quasi concordi nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo vertice.

15. (Dignità dell'intelligenza, la verità e la sapienza). L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutto l'universo, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio. Con l'esercizio appassionato dell'ingegno lungo i secoli, egli ha fatto certamente dei progressi nelle scienze empiriche, nelle tecniche e nelle discipline liberali. Nell'epoca nostra, poi, ha conseguito successi notevoli particolarmente nell'investigazione e nel dominio del mondo materiale. E tuttavia egli ha  sempre cercato e scoperto una verità più profonda. L'intelligenza, infatti, non si restringe all'ambito dei fenomeni soltanto, ma può conquistare la realtà intellegibile con vera certezza, anche se, per conseguenza del peccato, si trova in parte oscurata e debilitata.

21.  La chiesa, poi, pur respingendo in maniera assoluta l'ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, debbano contribuire alla retta edificazione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: il che non può avvenire certamente senza un sincero e prudente dialogo»

[Cenni di storia del lavoro].

Nell'età antica: differenziazione in ceti dovuta al tipo di lavoro:

lavoro fisico considerato indegno di un uomo libero  ------> schiavi.

[Lavoro intellettuale  e dirigenziale]                           ------> liberi

Nel cristianesimo Dio stesso divenuto simile a noi impiegò la maggior parte dei suoi anni al lavoro manuale, a Nazareth «presso un banco di carpentiere».

« Questa circostanza costituisce da sola il più eloquente "vangelo del lavoro"»

Conseguenze:

-          Il valore del lavoro umano non si determina dal suo genere ma da colui che lo esegue.

-           Questi è sempre e comunque una persona

-          Non ci sono più caste fondate sul lavoro

-          «Per quanto sia una verità che l'uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è "per l'uomo", e non l'uomo "per il lavoro"».

-          «Lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro eseguito dall'uomo - fosse pure il lavoro più "di servizio", più monotono, nella scala del comune modo di valutazione, addirittura più emarginante - rimane sempre l'uomo stesso»

-          Tutto ciò rientra nel "vangelo del lavoro", «creando il fondamento del nuovo modo di pensare, di valutare e di agire degli uomini. Nell'epoca moderna, fin dall'inizio dell'èra industriale, la verità cristiana sul lavoro doveva contrapporsi alle varie correnti del pensiero materialistico ed economicistico»

N. 7     Una minaccia al giusto ordine dei valori

La concezione del lavoro come “merce venduta” dall’operaio al suo datore di lavoro (prima metà del secolo XIX) si è evoluta verso un modo più umano di rivalutarlo.

Grazie anche a altri «elementi socio-economici e a seguito di nuove circostanze concrete, dell'opera delle associazioni dei lavoratori e dei poteri pubblici, dell'apparire di grandi imprese transnazionali».

«Ciononostante, il pericolo di trattare il lavoro come una "merce sui generis", o come una anonima "forza" necessaria alla produzione (si parla addirittura di "forza-lavoro"), esiste sempre, e specialmente qualora tutta la visuale della problematica economica sia caratterizzata dalle premesse dell'economismo materialistico».

Il pericolo viene «dall'accelerato processo di sviluppo della civiltà unilateralmente materialistica, nella quale si dà prima di tutto importanza alla dimensione oggettiva del lavoro, mentre la dimensione soggettiva - tutto ciò che è in rapporto indiretto o diretto con lo stesso soggetto del lavoro - rimane su di un piano secondario».

In tutti i casi di questo genere, in ogni situazione sociale di questo tipo avviene una confusione o, addirittura, un'inversione dell'ordine stabilito all'inizio con le parole del libro della Genesi: l'uomo viene trattato come uno strumento di produzione.

N. 8      Solidarietà degli uomini del lavoro

Sull'uomo-persona che lavora occorre una valutazione degli sviluppi nei 90 dopo Rerum novarum. Se il soggetto del lavoro e l'uomo, sul piano oggettivo occorre richiamare alcune importanti:

[In generale]

-          molti lavori e tanti diversi lavori, in un arricchimento continuo

-          questione operaia, definita a volte come "questione proletaria"

-          «giusta reazione sociale» che «ha fatto sorgere e quasi irrompere un grande slancio di solidarietà tra gli uomini del lavoro e, prima di tutto, tra i lavoratori dell'industria»

-          «L'appello alla solidarietà e all'azione comune, lanciato agli uomini del lavoro - soprattutto a quelli del lavoro settoriale, monotono, spersonalizzante nei complessi industriali, quando la macchina tende a dominare sull'uomo, - aveva un suo importante valore e una sua eloquenza dal punto di vista dell'etica sociale»

-          reazione contro la degradazione dell'uomo come soggetto del lavoro, e contro l'inaudito, concomitante sfruttamento nel campo dei guadagni, delle condizioni di lavoro e di previdenza per la persona del lavoratore. Tale reazione ha riunito il mondo operaio in una comunità caratterizzata da una grande solidarietà

[Nel magistero cattolico]

«Sulle orme dell'enciclica Rerum novarum e di molti documenti successivi del magistero della chiesa bisogna francamente riconoscere che fu giustificata, dal punto di vista della morale sociale, la reazione contro il sistema di ingiustizia e di danno, che gridava vendetta al cospetto del cielo, e che pesava sull'uomo del lavoro in quel periodo di rapida industrializzazione.

Questo stato di cose era favorito dal sistema socio-politico liberale che, secondo le sue premesse di economismo, rafforzava e assicurava l'iniziativa economica dei soli possessori del capitale.

Da allora, la solidarietà degli uomini del lavoro, insieme con una presa di coscienza più netta e più impegnativa circa i diritti dei lavoratori da parte degli altri, ha prodotto in molti casi cambiamenti profondi. Si sono escogitati diversi nuovi sistemi. Si sono sviluppate diverse forme di neo-capitalismo o di collettivismo.

[Una solidarietà sempre più necessaria]

«Movimenti di solidarietà nel campo del lavoro - di una solidarietà che non deve mai essere chiusura al dialogo e alla collaborazione con gli altri - possono essere necessari anche in riferimento alle condizioni di ceti sociali che prima non erano in essi compresi, ma che subiscono, nei sistemi sociali e nelle condizioni di vita che cambiano, un'effettiva "proletarizzazione", o addirittura si trovano in realtà già in una condizione di "proletariato"»

«Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame».

«La chiesa è vivamente impegnata in questa causa, perché la considera come sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo, onde essere veramente la "chiesa dei poveri". E i "poveri" compaiono sotto diverse specie; compaiono in diversi posti e in diversi momenti; compaiono in molti casi come risultato della violazione della dignità del lavoro umano».

N. 9       [Sulla dignità umana nel lavoro, primo cerchio di valori]

La somiglianza di Dio è sempre valida, anche dopo la colpa umana e le parole: "Col sudore del tuo volto mangerai il pane": ------> fatica a volte pesante fatto sperimentato:

«Lo sanno gli uomini del lavoro manuale, svolto talora in condizioni eccezionalmente gravose»

«Lo sanno non solo gli agricoltori, che consumano lunghe giornate nel coltivare la terra, la quale a volte "produce pruni e spine", ma anche i minatori nelle miniere o nelle cave di pietra, i siderurgici accanto ai loro altiforni, gli uomini che lavorano nei cantieri edili e nel settore delle costruzioni in frequente pericolo di vita o di invalidità».

«Lo sanno, al tempo stesso, gli uomini legati al banco del lavoro intellettuale, lo sanno gli scienziati, lo sanno gli uomini sui quali grava la grande responsabilità di decisioni destinate ad avere vasta rilevanza sociale».

«Lo sanno i medici e gli infermieri, che vigilano giorno e notte accanto ai malati»

«Lo sanno le donne, che, talora senza adeguato riconoscimento da parte della società e degli stessi familiari, portano ogni giorno la fatica e la responsabilità»

Tuttavia il lavoro non solo un bene "utile" o "da fruire", ma un bene "degno", cioè «che esprime questa dignità e la accresce»…  «perché mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, "diventa più uomo"».

Ciò è contro il degrado del lavoro contro l'uomo: lavoro punitivo.

10. Lavoro e società: famiglia, nazione

Secondo cerchio di valori: il lavoro è «il fondamento su cui si forma la vita familiare, la quale è un diritto naturale ed una vocazione dell'uomo».

«Questi due cerchi di valori - uno congiunto al lavoro, l'altro conseguente al carattere familiare della vita umana - devono unirsi tra sé correttamente, e correttamente permearsi».

Il terzo cerchio di valori: la società, cui l'uomo appartiene ed è legato culturalmente e storicamente, «incarnazione storica e sociale del lavoro di tutte le generazioni»

«Questi tre cerchi conservano permanentemente la loro importanza per il lavoro umano nella sua dimensione soggettiva».

In ogni caso è fondamentale che «la dimensione oggettiva del lavoro non prenda il sopravvento sulla dimensione soggettiva, togliendo all'uomo o diminuendo la sua dignità e i suoi inalienabili diritti».

III. IL CONFLITTO TRA LAVORO E CAPITALE  NELLA PRESENTE FASE STORICA

11. Dimensioni di tale conflitto

«[Il lavoro]nel corso normale delle cose, riempie la vita umana e incide fortemente sul suo valore e sul suo senso. Anche se unito con la fatica e con lo sforzo, il lavoro non cessa di essere un bene, sicché l'uomo si sviluppa mediante l'amore per il lavoro. Questo carattere del lavoro umano, del tutto positivo e creativo, educativo e meritorio, deve costituire il fondamento delle valutazioni e delle decisioni».

Proprio i valori connaturali al lavoro sono risultati tuttavia problematici in rapporto con le vicende storiche del periodo della Rerum novarum e di quello successivo.

Tra essi innanzi tutto il «grande conflitto, che nell'epoca dello sviluppo industriale e insieme con esso si è manifestato tra il "mondo del capitale" e il "mondo del lavoro", cioè tra il gruppo ristretto, ma molto influente, degli imprenditori, proprietari o detentori dei mezzi di produzione, e la più vasta moltitudine di gente che era priva di questi mezzi, e che partecipava, invece, al processo produttivo esclusivamente mediante il lavoro. Tale conflitto è stato originato dal fatto che i lavoratori mettevano le loro forze a disposizione del gruppo degli imprenditori, e che questo, guidato dal principio del massimo profitto della produzione, cercava di stabilire il salario più basso possibile per il lavoro eseguito dagli operai. A ciò bisogna aggiungere anche altri elementi di sfruttamento, collegati con la mancanza di sicurezza del lavoro ed anche di garanzie circa le condizioni di salute e di vita degli operai e delle loro famiglie».

«Il reale conflitto, che esisteva tra il mondo del lavoro ed il mondo del capitale, si è trasformato nella lotta programmata di classe, condotta con metodi non solo ideologici, ma addirittura, e prima di tutto, politici. E' nota la storia di questo conflitto, come note sono anche le richieste dell'una e dell'altra parte. Il programma marxista, basato sulla filosofia di Marx e di Engels, vede nella lotta di classe l'unica via per l'eliminazione delle ingiustizie di classe, esistenti nella società, e delle classi stesse. L'attuazione di questo programma premette la collettivizzazione dei mezzi di produzione, affinché, mediante il trasferimento di questi mezzi dai privati alla collettività, il lavoro umano venga preservato dallo sfruttamento».

Il papa non vuole dilungarsi sulle questioni relative ai principi filosofici e alle loro implicanze pratiche: «non si può e non è nemmeno necessario entrare in particolari, poiché questi sono conosciuti sia grazie ad una vasta letteratura, sia in base alle esperienze pratiche. Si deve, invece, risalire dal loro contesto al problema fondamentale del lavoro umano…».

12. Priorità del lavoro

Il compito di «soggiogare la terra» implica lo sfruttamento delle risorse. «Tuttavia, tali risorse non possono servire all'uomo se non mediante il lavoro. Col lavoro rimane pure legato sin dall'inizio il problema della proprietà: …l'uomo si appropria di piccole parti delle diverse ricchezze della natura: del sottosuolo, del mare, della terra, dello spazio. Di tutto questo egli si appropria facendone il suo banco di lavoro. Se ne appropria mediante il lavoro e per un ulteriore lavoro.

«In ogni fase dello sviluppo del suo lavoro, l'uomo si trova di fronte al fatto della principale donazione da parte della "natura", e cioè in definitiva da parte del Creatore. All'inizio del lavoro umano sta il mistero della creazione».

Ciò implica «la priorità del lavoro umano in rapporto a ciò che, col passar del tempo, si è abituati a chiamare "capitale".  Se infatti nell'àmbito di quest'ultimo concetto rientrano, oltre che le risorse della natura messe a disposizione dell'uomo, anche quell'insieme di mezzi, mediante i quali l'uomo se ne appropria, trasformandole a misura delle sue necessità (e in questo modo, in qualche senso, "umanizzandole"), allora già qui si deve costatare che quell'insieme di mezzi è frutto del patrimonio storico del lavoro umano. Tutti i mezzi di produzione, dai più primitivi fino a quelli ultramoderni, è l'uomo che li ha gradualmente elaborati».

Resta chiaro ovviamente che ogni uomo, che partecipa al processo di produzione, anche nel caso che esegua solo quel tipo di lavoro, per il quale non sono necessari una particolare istruzione e speciali qualificazioni, è tuttavia in questo processo di produzione il vero soggetto efficiente, mentre l'insieme degli strumenti, anche il più perfetto in se stesso, è solo ed esclusivamente strumento subordinato al lavoro dell'uomo».

Fondamentale è «il primato dell'uomo nel processo di produzione, il primato dell'uomo di fronte alle cose. Tutto ciò che è contenuto nel concetto di "capitale" - in senso ristretto - è solamente un insieme di cose. L'uomo come soggetto del lavoro, ed indipendentemente dal lavoro che compie, l'uomo, egli solo, è una persona. Questa verità contiene in sé conseguenze importanti e decisive»: -------------------------->

13. Economismo e materialismo

-          «Non si può separare il "capitale" dal lavoro, e che in nessun modo si può contrapporre il lavoro al capitale né il capitale al lavoro»;

-          il rapporto deve essere «retto, cioè intrinsecamente vero e al tempo stesso moralmente legittimo, può essere quel sistema di lavoro che alle sue stesse basi supera l'antinomia tra lavoro e capitale, cercando di strutturarsi secondo il principio sopra esposto della sostanziale ed effettiva priorità del lavoro»;

-          «L'uomo, lavorando a qualsiasi banco di lavoro, sia esso relativamente primitivo oppure ultra-moderno, può rendersi conto facilmente che col suo lavoro entra in un duplice patrimonio, cioè nel patrimonio di ciò che è dato a tutti gli uomini nelle risorse della natura, e di ciò che gli altri hanno già in precedenza elaborato… "subentra nel lavoro degli altri"»;

-          «Se nel processo del lavoro si scopre qualche dipendenza, questa è la dipendenza dal datore di tutte le risorse della creazione, ed è a sua volta la dipendenza da altri uomini, da coloro al cui lavoro ed alle cui iniziative dobbiamo le già perfezionate e ampliate possibilità del nostro lavoro».

Contro tali principi subentra  «l'errore dell'economismo, se si considera il lavoro umano esclusivamente secondo la sua finalità economica. Si può anche e si deve chiamare questo errore fondamentale del pensiero un errore del materialismo, in quanto l'economismo include, direttamente o indirettamente, la convinzione del primato e della superiorità di ciò che è materiale, mentre invece esso colloca ciò che è spirituale e personale (l'operare dell'uomo, i valori morali e simili), direttamente o indirettamente, in una posizione subordinata alla realtà materiale. Questo non è ancora il materialismo teorico nel pieno senso della parola; però, è già certamente materialismo pratico»; 

Sono entrambi erronei: l'economismo con la sua «impostazione non-umanistica di questo problema» , e il  «sistema filosofico materialistico» laddove ancora  l'uomo «non è, prima di tutto, soggetto del lavoro e causa efficiente del processo di produzione, ma rimane inteso e trattato in dipendenza da ciò che è materiale».

 

14. Lavoro e proprietà

Alcune precisazioni: «non si tratta solo di concetti astratti o di "forze anonime", operanti nella produzione economica. Dietro l'uno e l'altro concetto ci sono gli uomini, gli uomini vivi, concreti; da una parte coloro che eseguono il lavoro senza essere proprietari dei mezzi di produzione, e dall'altra coloro che fungono da imprenditori e sono i proprietari di questi mezzi, oppure rappresentano i proprietari».

La Rerum novarum, conferma il diritto di proprietà privata e così l'enciclica Mater et magistra, divergendo dal collettivismo e anche «dal programma del capitalismo praticato dal liberalismo e dai sistemi politici che ad esso si richiamano. In questo secondo caso, la differenza consiste nel modo di intendere lo stesso diritto di proprietà. La tradizione cristiana non ha mai sostenuto questo diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario, essa l'ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell'intera creazione: il diritto della proprietà privata come subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni».

Quanto ai mezzi di produzione, non è legittimo «esercitare lo sfruttamento del lavoro, è contrario alla natura stessa di questi mezzi e del loro possesso. Essi non possono essere posseduti contro il lavoro, non possono essere neppure posseduti per possedere, perché l'unico titolo legittimo al loro possesso - e ciò sia nella forma della proprietà privata, sia in quella della proprietà pubblica o collettiva - è che essi servano al lavoro».

«Da questo punto di vista, quindi, in considerazione del lavoro umano e dell'accesso comune ai beni destinati all'uomo, non è da escludere, alle opportune condizioni, la socializzazione di certi mezzi di produzione» (cf. Rerum novarum, e noti argomenti della Summa theologiae di san Tommaso d'Aquino)».

PERTANTO «continua a rimanere inaccettabile la posizione del "rigido" capitalismo, il quale difende l'esclusivo diritto della proprietà privata dei mezzi di produzione come un "dogma" intoccabile nella vita economica. Il principio del rispetto del lavoro esige che questo diritto sia sottoposto ad una revisione costruttiva, sia in teoria che in pratica».

Ne seguono numerose «proposte avanzate dagli esperti della dottrina sociale cattolica ed anche dal supremo magistero della chiesa. Sono, queste, le proposte riguardanti la comproprietà dei mezzi di lavoro, la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o ai profitti delle imprese, il cosiddetto azionariato del lavoro, e simili».

 

D’ALTRONDE «la semplice sottrazione di quei mezzi di produzione (il capitale) dalle mani dei loro proprietari privati non è sufficiente per socializzarli in modo soddisfacente. Essi cessano di essere proprietà di un certo gruppo sociale, cioè dei proprietari privati, per diventare proprietà della società organizzata».

«Si può parlare di socializzazione solo quando sia assicurata la soggettività della società, cioè quando ognuno, in base al proprio lavoro, abbia il pieno titolo di considerarsi al tempo stesso il "com-proprietario" del grande banco di lavoro, al quale s'impegna insieme con tutti».

COME? «E una via verso tale traguardo potrebbe essere quella di associare, per quanto è possibile, il lavoro alla proprietà del capitale e di dar vita a una ricca gamma di corpi intermedi a finalità economiche, sociali, culturali: corpi che godano di una effettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri, che perseguano i loro specifici obiettivi in rapporti di leale collaborazione vicendevole, subordinatamente alle esigenze del bene comune, e che presentino forma e sostanza di una viva comunità, cioè che in essi i rispettivi membri siano considerati e trattati come persone e stimolati a prendere parte attiva alla loro vita».

15. Argomento "personalistico"

Dalla corresponsabilità dell’uomo nel lavoro derivano i  «alcuni specifici diritti dei lavoratori, che corrispondono all'obbligo del lavoro».

Contro allora  «un'eccessiva centralizzazione burocratica, nella quale il lavoratore si sente un ingranaggio di un grande meccanismo mosso dall'alto»,

PERCHÉ  «l'insegnamento della chiesa ha sempre espresso la ferma e profonda convinzione che il lavoro umano non riguarda soltanto l'economia, ma coinvolge anche, e soprattutto, i valori personali».

 

IV. DIRITTI DEGLI UOMINI DEL LAVORO

16. Nel vasto contesto dei diritti dell'uomo

«Il lavoro - nel molteplice senso di questa parola - è un obbligo, cioè un dovere, al tempo stesso esso è anche una sorgente di diritti da parte del lavoratore…» … «I diritti umani che scaturiscono dal lavoro rientrano precisamente nel più vasto contesto di quei fondamentali diritti della persona».

UN DOVERE :  a motivo della creazione, della stessa umanità («il cui mantenimento e sviluppo esigono il lavoro»; del prossimo: (propria famiglia, società di appartenenza, nazione, intera famiglia umana);

A FRONTE DEL

17. Datore di lavoro: "indiretto" e "diretto"

Indiretto: «istituzioni di vario tipo, come anche i contratti collettivi di lavoro e i principi di comportamento, stabiliti da queste persone ed istituzioni».

Si tratta di un «sistema di reciproche dipendenze…, facilmente occasione di varie forme di sfruttamento o di ingiustizia. Ad esempio i paesi altamente industrializzati e … le cosiddette società multinazionali o transnazionali… dettano i prezzi più alti possibili per i loro prodotti, cercando contemporaneamente di stabilire i prezzi più bassi possibili per le materie prime o per i semilavorati, il che, fra altre cause, crea come risultato una sproporzione sempre crescente tra i redditi nazionali dei rispettivi paesi. La distanza tra la maggior parte dei paesi ricchi e i paesi più poveri non diminuisce e non si livella, ma aumenta sempre di più, ovviamente a scapito di questi ultimi».

«… È precisamente il riguardo per i diritti oggettivi dell'uomo del lavoro - di ogni tipo di lavoratore: manuale, intellettuale, industriale, agricolo, ecc. - che deve costituire l'adeguato e fondamentale criterio della formazione di tutta l'economia nella dimensione sia di ogni società e di ogni stato, sia nell'insieme della politica economica mondiale e dei sistemi e rapporti internazionali, che ne derivano».

 

18. Il problema dell'occupazione

Si tratta del «problema di avere un lavoro, cioè, in altre parole, del problema di un'occupazione adatta per tutti i soggetti che ne sono capaci. L'opposto di una giusta e corretta situazione in questo settore è la disoccupazione, cioè la mancanza di posti di lavoro per i soggetti che di esso sono capaci. Può trattarsi di mancanza di occupazione in genere, oppure in determinati settori di lavoro. Il compito di queste istanze che qui si comprendono sotto il nome di datore di lavoro indiretto, è di agire contro la disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale … particolarmente doloroso quando vengono colpiti soprattutto i giovani».

«L'obbligo delle prestazioni in favore dei disoccupati, il dovere cioè di corrispondere le convenienti sovvenzioni indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie, è un dovere che scaturisce dal principio fondamentale dell'ordine morale in questo campo, cioè dal principio dell'uso comune dei beni o, parlando in un altro modo ancora più semplice, dal diritto alla vita ed alla sussistenza».

Pertanto occorre «attuare il piano di un universale e proporzionato progresso di tutti, secondo il filo conduttore dell'enciclica di Paolo VI  Populorum progressio»

 

19. Salario e altre prestazioni sociali

Siamo davanti a un  problema fondamentale:

«Il problema-chiave dell'etica sociale, in questo caso, è quello della giusta remunerazione per il lavoro che viene eseguito. Non c'è nel contesto attuale un altro modo più importante per realizzare la giustizia nei rapporti lavoratore-datore di lavoro, di quello costituito appunto dalla remunerazione del lavoro».

Attraverso il salario l’uomo esprime il suo rapporto con le cose e realizza il pensiero di Dio sull’uomo e sui suoi compiti: «Il salario, cioè la remunerazione del lavoro, rimane una via concreta, attraverso la quale la stragrande maggioranza degli uomini può accedere a quei beni che sono destinati all'uso comune: sia beni della natura, sia quelli che sono frutto della produzione. Gli uni e gli altri diventano accessibili all'uomo del lavoro grazie al salario, che egli riceve come remunerazione per il suo lavoro».

C’è una concreta verifica della giustizia di tutto il sistema:  «la famiglia. Una giusta remunerazione per il lavoro della persona adulta, che ha responsabilità di famiglia, è quella che sarà sufficiente per fondare e mantenere degnamente una famiglia e per assicurarne il futuro».

In questo contesto è importante «la rivalutazione sociale dei compiti materni, della fatica ad essi unita e del bisogno che i figli hanno di cura, di amore e di affetto per potersi sviluppare come persone responsabili».

Occorre pertanto rispettare «le esigenze della persona e le sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica, tenendo conto dell'età e del sesso di ciascuno…. senza discriminazioni [per le donne e] … senza venir meno al rispetto per le loro aspirazioni familiari e per il ruolo specifico che ad esse compete nel contribuire al bene della società insieme con l'uomo».

«Accanto al salario, qui entrano in gioco ancora varie prestazioni sociali, aventi come scopo quello di assicurare la vita e la salute dei lavoratori e quella della loro famiglia».

Altri diritti collegati:  diritto al riposo: (settimanale, ferie, pensione, all'assicurazione per la vecchiaia ed in caso di incidenti), alla sanità fisica dei lavoratori e alla loro integrità morale.

20. L'importanza dei sindacati

La loro natura si ricava dalle loro finalità:

«formare associazioni o unioni, che abbiano come scopo la difesa degli interessi vitali degli uomini impiegati nelle varie professioni», sindacati, secondo le proprie specificità.

Compito dei sindacati è  «la difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori», dall’esperienza «un indispensabile elemento della vita sociale, specialmente nelle moderne società industrializzate».  La loro "lotta" deve essere "per" il giusto bene e non è una lotta "contro" gli altri, né deve essere il risultato di una «specie di "egoismo" di gruppo o di classe, sapendo che tutta la società è come «un sistema di "vasi comunicanti"».

Occorre chiarire i rapporti tra sindacati e politica:

«I sindacati non hanno il carattere di "partiti politici" che lottano per il potere, e non dovrebbero neppure essere sottoposti alle decisioni dei partiti politici o avere dei legami troppo stretti con essi. Infatti, in una tale situazione essi perdono facilmente il contatto con ciò che è il loro compito specifico, che è quello di assicurare i giusti diritti degli uomini del lavoro nel quadro del bene comune dell'intera società, e diventano, invece, uno strumento per altri scopi».

I sindacati devono assumere anche un «impegno di carattere istruttivo, educativo e di promozione dell'auto-educazione. Benemerita è l'opera delle scuole, delle cosiddette "università operaie" e "popolari", dei programmi e corsi di formazione, che hanno sviluppato e tuttora sviluppano proprio questo campo di attività. Si deve sempre auspicare che, grazie all'opera dei suoi sindacati, il lavoratore possa non soltanto "avere" di più, ma prima di tutto "essere" di più: possa, cioè, realizzare più pienamente la sua umanità sotto ogni aspetto.

Lo sciopero è «riconosciuto dalla dottrina sociale cattolica come legittimo alle debite condizioni e nei giusti limiti. In relazione a ciò i lavoratori dovrebbero avere assicurato il diritto allo sciopero, senza subire personali sanzioni penali per la partecipazione ad esso. Ammettendo che questo è un mezzo legittimo, si deve contemporaneamente sottolineare che lo sciopero rimane, in un certo senso, un mezzo estremo. Non se ne può abusare; non se ne può abusare specialmente per giochi "politici". Inoltre, non si può mai dimenticare che, quando trattasi di servizi essenziali alla convivenza civile, questi vanno, in ogni caso, assicurati mediante, se necessario, apposite misure legali. L'abuso dello sciopero può condurre alla paralisi di tutta la vita socio-economica, e ciò è contrario alle esigenze del bene comune della società, che corrisponde anche alla natura rettamente intesa del lavoro stesso.

21. Dignità del lavoro agricolo

«Il lavoro dei campi conosce non lievi difficoltà, quali lo sforzo fisico continuo e talvolta estenuante, lo scarso apprezzamento, con cui è socialmente considerato, al punto da creare presso gli uomini dell'agricoltura il sentimento di essere socialmente degli emarginati, e da accelerare in essi il fenomeno della fuga in massa dalla campagna verso le città e purtroppo verso condizioni di vita ancor più disumanizzanti».

«Mancano forme di tutela legale per la persona del lavoratore agricolo e per la sua famiglia in caso di vecchiaia, di malattia o di mancanza di lavoro. Lunghe giornate di duro lavoro fisico vengono miseramente pagate. Terreni coltivabili vengono lasciati abbandonati dai proprietari; titoli legali al possesso di un piccolo terreno, coltivato in proprio da anni, vengono trascurati o rimangono senza difesa di fronte alla "fame di terra" di individui o di gruppi più potenti… sono dunque necessari cambiamenti radicali ed urgenti per ridare all'agricoltura - ed agli uomini dei campi - il giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme dello sviluppo della comunità sociale. Perciò occorre proclamare e promuovere la dignità del lavoro, di ogni lavoro, e specialmente del lavoro agricolo, nel quale l'uomo in modo tanto eloquente "soggioga" la terra ricevuta in dono da Dio ed afferma il suo "dominio" nel mondo visibile».

 

22. La persona handicappata e il lavoro

Si tratta innanzitutto di persone:

«Anch'esse sono soggetti pienamente umani, con corrispondenti diritti innati, sacri e inviolabili, che, pur con le limitazioni e le sofferenze inscritte nel loro corpo e nelle loro facoltà, pongono in maggior rilievo la dignità e la grandezza dell'uomo. Poiché la persona portatrice di "handicaps" è un soggetto con tutti i suoi diritti, essa deve essere facilitata a partecipare alla vita della società in tutte le dimensioni e a tutti i livelli, che siano accessibili alle sue possibilità».

Occorre allora favorire un sistema che… «porti ad una situazione che renda possibile alla persona handicappata di sentirsi non ai margini del mondo del lavoro o in dipendenza dalla società, ma come un soggetto del lavoro di pieno diritto, utile, rispettato per la sua dignità umana, e chiamato a contribuire al progresso e al bene della sua famiglia e della comunità secondo le proprie capacità».

 

23. Il lavoro e il problema dell'emigrazione

Siamo davanti a un «fenomeno antico, ma che tuttavia si ripete di continuo ed ha, anche oggi, grandi dimensioni per le complicazioni della vita contemporanea. L'uomo ha il diritto di lasciare il proprio paese d'origine per vari motivi - come anche di ritornarvi e di cercare migliori condizioni di vita in un altro paese».

Ci sono difficoltà di varia natura: una perdita per il paese di partenza: «Si allontana un uomo e insieme un membro di una grande comunità, che è unita dalla storia, dalla tradizione, dalla cultura, per iniziare una vita in mezzo ad un'altra società, unita da un'altra cultura e molto spesso anche da un'altra lingua. Viene a mancare in tale caso un soggetto di lavoro, …  [un soggetto atto a] contribuire all'aumento del bene comune nel proprio paese; ed ecco, questo sforzo, questo contributo viene dato a un'altra società, la quale, in certo senso, ne ha diritto minore che non la patria d'origine».

 «La cosa più importante è che … non sia svantaggiato nell'ambito dei diritti riguardanti il lavoro in confronto agli altri lavoratori di quella determinata società»

 

V. ELEMENTI PER UNA SPIRITUALITA' DEL LAVORO

24.  Particolare compito della chiesa

È tempo di dedicarsi al lavoro non solo come luogo, ma anche come strumento di spiritualità:

«occorre lo sforzo interiore dello spirito umano, guidato dalla fede, dalla speranza e dalla carità, per dare al lavoro dell'uomo concreto, con l'aiuto di questi contenuti, quel significato che esso ha agli occhi di Dio, e mediante il quale esso entra nell'opera della salvezza al pari delle sue trame e componenti ordinarie e, al tempo stesso, particolarmente importanti». 

Elementi portanti della spiritualità del lavoro

25. Il lavoro come partecipazione all'opera del Creatore

"E Dio vide che era una cosa buona".  Siamo al primo capitolo del libro della Genesi ma già è espresso il primo "vangelo del lavoro": imitazione e partecipazione dell’opera di Dio. Similmente il risposo al settimo giorno. Il lavoro quotidiano prolungamento dell’opera del Creatore, servizio  ai propri fratelli e un contributo personale al piano di Dio nella storia.

26. Cristo, l'uomo del lavoro

Il lavoro ha anche e soprattutto il suo valore in riferimento in  Gesù Cristo:  

«quel Gesù del quale molti dei suoi primi uditori a Nazaret "rimanevano stupiti e dicevano: Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data?... Non è costui il carpentiere?". Infatti, Gesù non solo proclamava, ma prima di tutto compiva con l'opera il "vangelo" a lui affidato, la parola dell'eterna sapienza. Perciò, questo era pure il "vangelo del lavoro", perché colui che lo proclamava, era egli stesso uomo del lavoro, del lavoro artigiano come Giuseppe di Nazaret».

L’importanza data da Gesù al lavoro si nota anche nelle parabole sul regno di Dio, nelle quali compare sempre il lavoro umano nelle figure che lo compiono: il pastore, l’agricoltore, il medico, il seminatore, il padrone di casa, il servo, l’amministratore, il pescatore, il mercante, l’operaio. Sono valorizzati anche i diversi lavori delle donne: gli apostolati come i mietitori o i pescatori e non è trascurato il lavoro degli studiosi.

S. Paolo apostolo ha scritto: «Abbiamo lavorato con fatica e sforzo, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi»;

«A questi... ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace»

«Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che quale ricompensa riceverete dal Signore l'eredità».

 

Sulla spiritualità del lavoro ha scritto anche il Vaticano II: «L'attività umana, invero, come deriva dall'uomo, così è ordinata all'uomo. L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona anche se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare ... Pertanto, questa è la norma dell'attività umana: che secondo il disegno e la volontà di Dio essa corrisponda al vero bene dell'umanità, e permetta all'uomo singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione».

L’autentico progresso dell’umanità  è da considerare «solamente come frutto di una provata spiritualità del lavoro umano»  e come tale essere realizzato. «Questa è la dottrina, e insieme il programma, che affonda le sue radici nel "vangelo del lavoro"».

27. Il lavoro umano alla luce della croce e della risurrezione di Cristo

C’è una situazione storica, ed è il lavoro legata alla fatica: «Ogni lavoro - sia esso manuale o intellettuale - va congiunto inevitabilmente con la fatica». Ciò «segna la strada della vita umana sulla terra e costituisce l'annuncio della morte: "Col sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto...". Quasi come un'eco di queste parole, si esprime l'autore di uno dei libri sapienziali. "Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle..."».

 Ma c’è anche il Vangelo del lavoro: il suo senso è nel «mistero pasquale di Gesù Cristo. E qui occorre cercare la risposta a questi problemi così importanti per la spiritualità del lavoro umano. Nel mistero pasquale è contenuta la croce di Cristo, la sua obbedienza fino alla morte, che l'apostolo contrappone a quella disubbidienza che ha gravato sin dall'inizio la storia dell'uomo sulla terra. E' contenuta in esso anche l'elevazione di Cristo, il quale mediante la morte di croce ritorna ai suoi discepoli con la potenza dello Spirito santo nella risurrezione».

Abbiamo così «la possibilità di partecipare nell'amore all'opera che il Cristo è venuto a compiere. Quest'opera di salvezza è avvenuta per mezzo della sofferenza e della morte di croce. Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi, l'uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell'umanità»

«Nel lavoro, grazie alla luce che dalla risurrezione di Cristo penetra dentro di noi, troviamo sempre un barlume della vita nuova, del nuovo bene, quasi come un annuncio dei "nuovi cieli e di una terra nuova", i quali proprio mediante la fatica del lavoro vengono partecipati dall'uomo e dal mondo».  Collaborare con Dio attraverso il lavoro è collaborare per e con il Regno di Dio: «… tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio».