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Corso di aggiornamento ecclesiologico per gli insegnanti di religione della diocesi di Siracusa – Zafferana, 8-13/7/1999

 

TRACCE didattiche (riviste dall’autore)

 

Ciccare sulla parte sottostante che interessa

 

A) Esperienza di Chiesa e nozioni generali di ecclesiologia   

B) Concezioni tradizionali e acquisizioni moderne sulla Chiesa  

C) Un popolo che cammina nella storia costruendo la storia?  

D) L'attualità del dialogo interreligioso e i suoi nodi storici e dottrinali.

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A) Esperienza di Chiesa e nozioni generali di ecclesiologia

1) La situazione

Ci sono oggi nuovi studi di ecclesiologia e tuttavia si nota il problema della irrilevanza della Chiesa per la coscienza dell’uomo contemporaneo:

C’è una rilevanza del sacro/sacrale; del mistero/misterioso; del potere diplomatico/mediatico del papa e della gerarchia; e tuttavia molti non si nascondono un’irrilevanza esistenziale e politica della propria appartenenza alla Chiesa.

Inoltre non si può misconoscere un aumentato valore attribuito all’esperienza della fede vissuta nel recito sacrale ed affettivo dei propri gruppi e contemporaneamente un maggiore disimpegno per le associazioni tradizionali delle parrocchie. Gli studi di ecclesiologia più recenti oscillano tra sacramentalità e bilanciamenti dogmatici. A questo riguardo richiamano i limiti dottrinali, teorici, dai quali non uscire anziché fare proposte positive e dinamiche. In realtà ciò di cui c’è maggiormente bisogno è la riscoperta e valorizzazione del proprio compito nel popolo di Dio, in maniera più consona al vangelo. Spesso si assiste a una sorta di ricerca della propria identità ecclesiale, ma in collegamento con la ricerca di gratificazioni (da quelle del prestigio del diacono a quella dell’impiego per l’insegnamento della religione).

2) L’analisi

Le cause sono complesse. Sono da ricercare tra quelle strutturali (l’attuale organizzazione della Chiesa e l’organizzazione della società, della famiglia ecc.) e quelle culturali (il valore preminente del privato, la cultura del frammento, la difficoltà dell’impegno esistenziale ecc.); tra quelle teologiche (nozioni sulla Chiesa e conoscenza di essa) e quelle esperienziali (vedi sopra).

I contesti sono ugualmente difficili da riassumere:

Oltre ai contesti generali sul valore della fede e della religione, ci sono quelli più specifici inerenti alla propria regionalità (sia quella dell’appartenenza al Sud, che di appartenenza alla Sicilia); essi riguardano concezioni globali sulla vita, sulla persona umana, sul valore del tempo e in definitiva sul significato della storia.

I contesti ecclesiali sono immediatamente rilevati dall’esperienza della propria parrocchia e in molti casi ancora dalla figura del proprio parroco, talvolta fanno riferimento alla figura del vescovo o più in genere a quella che viene chiamata semplicemente “la curia”.

In ogni caso la propria esperienza di Chiesa condiziona la concezione che si ha di essa e viceversa.

3) Punti saldi dai quali ripartire

- Il tema della Chiesa è più di un semplice tema. È piuttosto un problema della rilevanza della Chiesa per noi stessi, per la nostra esperienza di esseri umani investiti dalla Grazia, per la nostra esistenza.

- Occorre fronteggiare il pericolo che in questo passaggio di secolo (di millennio) corre lo stesso cristianesimo, oltre che la Chiesa di oggi: di scadere in una religiosità senza Dio, dopo essere passati in questo secolo attraverso una fede in Cristo senza Chiesa.

Qualcuno tematizza il bisogno di esprimere la realtà della Chiesa in maniera più adeguata alla sensibilità moderna: invece della "Chiesa Madre" utilizzare piuttosto l’immagine della “Chiesa sorella”, o della “Chiesa amica” (M. Kehl).

La nostra scelta teologica prima ancora che linguistica è di parlare della Chiesa prevalentemente come popolo di Dio, perché, convocati dalla Grazia, (cioè dall’azione libera e gratuita, salvatrice e redentiva dell’Unitrinità di Dio); proprio noi insieme con altri costituiamo la Chiesa, noi e non altri.

4) Punti da approfondire

Quanti rifiutano la Chiesa come scelta e quanti altri la rifiutano nei fatti?

Quanti hanno un rapporto di fede autentico con Cristo e quanti altri lo hanno prevalentemente con i suoi intermediari, i santi, oppure hanno solo un approccio sociologico alla religione cristiana, più che alla fede?

                

5) Che cosa dice la gente della Chiesa? Che cos’è la Chiesa per te?

Partendo dalla pagina evangelica in cui Gesù domanda ai suoi discepoli cosa dica la gente di lui e cosa dicono loro, si può formulare così la doppia domanda.

 

Sul significato della Chiesa per la nostra gente: le risposte si possono riassumere come segue.

La Chiesa è:

una dispensatrice di sacramenti (è obbligata a questo perché fa parte della società ed è a questo deputata);

una compagna di strada (in questa risposta è presente la ricerca di un accompagnamento e di un senso ulteriore, forse anche la ricerca di una qualche trascendenza);

una trascinatrice di masse (in tutte le sue forme, da quelle miracolistiche a quelle carismatiche).

Sul significato della Chiesa per noi le risposte variano.

Innanzi tutto di fronte alle risposte della “gente”, si deve precisare che la Chiesa come dispensatrice di sacramenti manifesta una concezione unilaterale e teologicamente insufficiente. Manca l’annuncio del Vangelo. La stessa Trascendenza è presupposta ma non tematizzata. Non è né esplicita e solo presupposta come sacralità necessaria.

Sulla Chiesa come compagna di strada si può affermare che è ancora troppo poco. È preferibile la Chiesa come dispensatrice di sacramenti dove la Grazia viene almeno cercata - sebbene in modalità insufficiente. Sulla Chiesa come trascinatrice di masse occorre dire con chiarezza che è una concezione del tutto errata.

Per non incorrere in errori grossolani, la soluzione migliore è partire da Vangelo, domandandoci che cos’era la Chiesa per Gesù.

Abbiamo così la possibilità di cogliere il significato della Chiesa a partire dall’agire di Cristo.

Il Vangelo ci indica che la Chiesa deve essere come è stato Gesù: dispensatrice di vita e di speranza (Mc 6,30 - 44) * vedi qui il testo[1].

Deve ancora essere un luogo e l’occasione di decisioni importanti per la propria vita, anche a costo di affrontare incomprensioni e difficoltà (Lc 12,49 - 53) * vedi qui il testo[2].

Inoltre deve essere è una realtà viva che rende testimonianza nel mondo (Lc 12, 1-7) * vedi qui il testo[3].

Alcuni hanno detto che la Chiesa è innanzi tutto un “sacramento fondamentale”. Cioè è segno espressivo ed efficace di una realtà trascendente che è quella di Cristo.

La sacramentalità dell’agire complessivo della Chiesa avviene attraverso e in forza della sua unione con Cristo, con gli uomini che soffrono e con il “popolo crocifisso”. Infatti la Chiesa è corpo storico oltre che corpo mistico (Ellacuria);

Occorre pertanto precisare il giusto senso del concetto di sacramento, per fugare il pericolo della magia. l’Eucaristia è “fonte e culmine” della Chiesa e del suo agire (dono di Dio agli uomini per la salvezza del mondo, secondo il senso della Kenosis, cioè dello svuotamento del Cristo). È l’offerta volontaria di Cristo che fonda la Chiesa, nell’azione dello Spirito e nella compiacenza del Padre. Essa è però diretto e immediato riferimento alla storia degli uomini. Il suo stesso corpo e il suo sangue sono riferimento al corpo e al sangue degli uomini, e ciò è normativo anche per la Chiesa.

Per intendere correttamente tale sacramentalità occorre storicizzarla. Occorre vederne anche il valore nella storia e nella società in cui viviamo e non solo in rapporto alla propria vita personale e a quella del proprio gruppo. Si può fare una sintesi, mostrando gli aspetti qui implicati nell’eucaristia che sono il punto di partenza per la sacramentalità della Chiesa. Nella prima colonna indicheremo l’impostazione della Chiesa come “corpo mistico” e le linee che ne discendono. Nella successiva, la realtà della Chiesa anche come corpo storico e le conseguenze storico-sociali, che non sopprimono le prime, ma sono indispensabilmente da aggiungere ad esse:

                                                               

ASPETTI

Corpo mistico

Corpo mistico e corpo storico

carne e sangue

(pane) e (vino)

dimensione sacramentale:

corpo e sangue di Cristo

+ dimensione sociale:
 il corpo e la storia degli uomini

unione

realtà liturgica:

unione a Cristo

realtà esistenziale:
unione ai crocifissi della terra

comunione

gratificazione all’interno del proprio gruppo

impegno nella realtà circostante

liberazione

liberazione solo dal peccato individuale

liberazione anche dalle forme di peccato strutturale

donazione

 

sacrificio della volontà e della propria intelligenza

impegnare la propria vita per la giustizia e la pace

 

B. Concezioni tradizionali e acquisizioni moderne sulla Chiesa

1) Il problema della legittimazione della Chiesa

a) Un Problema tipicamente europeo: «La Chiesa ha il doppio compito di lasciarsi interamente determinare da Cristo e dalla Rivelazione e coerentemente di legittimare questa sua identità all’interno della storia universale in quanto essa integrandosi nella storia universale adempie la sua funzione e la sua missione» (L. Boff)[4]. La domanda del teologo latino-americano al tempo della sua promozione dottorale in Germania riecheggiava quella di Bonhoeffer «Che cosa significa la Chiesa per un mondo senza religione (religionslose Welt?)». Ma per noi la domanda è ancora corretta? Il nostro mondo è diventato un mondo senza religione?

b) La domanda più impellente sembra invece essere: «Che identità di Chiesa è quella con la quale abbiamo oggi a che fare?». In effetti partendo dalla sua concezione teologica di Chiesa, questa riceve la sua legittimazione teologica presso gli uomini non solo di oggi ma di ogni tempo.

c) Ciò solleva il quesito di fondo: «può la Chiesa fornirsi una sua autoconcezione arbitraria, oppure deve riferirsi a una identità che le è prescritta dal di fuori di essa?».

d) È in gioco un principio teologico di fondo. La legittimazione della Chiesa non viene né da se stessa, né dai teologi. Non è nemmeno fornita dalla modernità e dalla sua nuova sensibilità. Proviene infatti dalla Parola di Dio. Ciò significa che la Parola legittima la Chiesa, fornendole una fisionomia e un’identità di fondo. Ne segue l’urgenza di attraversare alcuni passaggi ecclesiologici obbligati. Per noi (tenendo presente la nostra situazione) questi si concretizzano nei seguenti:

dall'apologetica del miracolismo al narrare Dio con una vita credibile;

dalla carità come virtù individuale alla riscoperta dell'amore come dinamismo teologale;

dalla Chiesa societas alla Chiesa come comunità;

dalla Chiesa come comunione alla Chiesa come popolo di Dio.

e) Per la discussione

- La Chiesa ha bisogno di maquillage oppure necessita di qualcos’altro per essere più accettata dagli uomini? Di che cosa?

- Che cosa significano per noi gli indispensabili passaggi che la Chiesa deve attraversare per essere se stessa?

2) Dalla “gerarcologia” alla vera “ecclesiologia”, cioè alla Chiesa come comunità dei credenti

a) Le concezioni ecclesiologiche precedenti il Vaticano II nel loro momento di svolta

Esse ruotavano più intorno alla gerarchia che intorno alla Chiesa, tanto da far parlare Congar di “gerarcologia” più che di ecclesiologia.

Il cambiamento radicale di prospettiva è avvenuto quando, riscoprendo il valore primario della Parola di Dio, la teologia ha potuto riprendere i capisaldi dell'ecclesiologia delle origini. Alla Parola di Dio è stato così riconosciuto un valore non solo “dottrinale” ma di fondazione e di costituzione della Chiesa: un valore di principio cui essa deve fare costante riferimento. Si tratta di riscoprire continuamente il vangelo (e in questo senso vale l’espressione «nuova evangelizzazione»). Ma ciò può significare per la Chiesa solo una cosa:  autoevangelizzazione, nel senso che essa deve lasciarsi continuamente annunciare da Cristo la Parola di Dio e praticare la strada della conversione. Solo lasciandosi convertire, può e deve annunciare agli uomini: «Convertitevi e credete al Vangelo». L’evangelizzazione diventa così l’annuncio della buona notizia: la grazia e la salvezza irrompono nel mondo, particolarmente per coloro che Dio ha sempre prediletto: i poveri e i disperati, quanti non hanno nulla, nemmeno una speranza di salvezza.

b ) Dall’ecclesiologia piramidale all’ecclesiologia di comunione

Per ecclesiologia piramidale s’intende quella concezione che immagina la Chiesa come una piramide, il cui vertice è costituito dal papa, rappresentante di Cristo in terra, e, procedendo verso il basso, dalla restante gerarchia, fino ad arrivare alla base, che sarebbe il popolo, turba fidelium o plebs Dei. Non è l’ecclesiologia che consente l’utilizzo del popolo di Dio come categoria teologica determinante, anche perché qui il popolo di Dio è solo una parte della Chiesa e corrisponde a ciò che per la società prima romana e poi feudale era la blebs o i plebei, sottoposti ai patrizi, corrispondenti ai soggetti gerarchici. L’ecclesiologia alternativa è costituita dallo schema circolare, che pone al centro della realtà del popolo di Dio e l’azione della Trinità, e in particolar modo dello Spirito Santo, che suscita e sostiene vocazioni diverse e differenti doni e carismi.

 

 

Concezione piramidale della Chiesa

 

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Papa

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Cardinali

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V   e   s   c   o   v   i

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P   r   e   s   b   i   t   e   r   i

^     ^     ^     ^     ^     ^    ^    ^    ^    ^ 

 ---------D     i    a     c    o    n    i---------

-    -    -    -    -    -    -    -    -    -    -    -   

T  U  R  B  A   F  I  D  E  L  I  U  M 

 

Concezione circolare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I motivi che sorreggono la legittimità del popolo di Dio come categoria teologica fondamentale sono molteplici e di notevole importanza. Basta dire che se la costituzione Lumen gentium al n. 6 non colloca il popolo di Dio tra le altre immagini della Chiesa (tempio, ovile, casa, ecc.). Ciò significa che gli attribuisce un significato che è molto di più di una metafora: è una realtà storica e, in questo senso una categoria teologica. Il Vaticano II  dedica pertanto l’intero capitolo II al popolo di Dio.

Le ragioni a favore dell’ecclesiologia del popolo di Dio vanno in definitiva dalla sua utilizzazione nell’ecclesiologia dei primi secoli[5] alla sua riscoperta e valorizzazione nel Vaticano II[6]. Il popolo di Dio è stato visto come vero e proprio soggetto storico in alcuni autorevoli documenti magisteriali[7]. Anche le precisazioni ecclesiologiche, alquanto restrittive, del 1992 su Alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, pur ribadendo la piena adeguatezza del concetto di comunione per esprimere, nell’ottica del Vaticano II il «nucleo profondo del mistero della Chiesa», hanno confermato la necessità di «di un’adeguata integrazione del concetto di comunione con quelli di popolo di Dio e di corpo di Cristo», da affiancare a un più attento rilievo «al rapporto tra la Chiesa come comunione e la Chiesa come sacramento»[8].

In sintesi possiamo ritenere che il popolo di Dio è soggetto storico e, in quanto tale, è categoria teologica pienamente adeguata ad esprimere la natura misterica della Chiesa, con tutte le sue implicanze storico-sociali. È pertanto non immagine retorica, ma soggetto concreto, definibile a partire dalla consistenza reale e comunitaria del progetto salvifico di Dio.

Questa concezione costituisce un correttivo di quell’uso e talora abuso di una terminologia che ricorre alla comunione e che mentre ripete il termine “comunione, comunione”, non adempie talora nemmeno il puro e semplice livello della corretta “comunicazione”, dimensione pur costitutiva della comunione medesima[9]. Comunione e dialogo, in una visione introversa della Chiesa rischiano, a lungo andare, l’ideologizzazione[10], scadendo in una visione o prevalentemente sociologica come “l’ideologia della comunità”, oppure in una sorta di giustificazione teorica di nuove forme di compattamento e talora di centralismo che il Vaticano II sembrava aver ormai superato.

Alla luce di quanto detto, si deve ritenere che la comunione è non solo espressione, ma anche humus e clima teologale indispensabile per comprendere la sacramentalità della Chiesa e il valore ecclesiologico pieno della singola comunità in quanto fondata su «una realtà ontologicamente e temporalmente previa a ogni singola Chiesa particolare»[11]. Ma è parimenti l’unico clima teologicamente giustificabile per intendere l’indefettibilità della fede. Infatti la presenza dello Spirito Santo, artefice della comunione, è “necessariamente sovrana ed immediata” e ciò costituisce il fondamento teologico del “senso di fede” dei fedeli, ma anche il fondamento dell’unità e diversità dei ministeri e dei carismi[12]. Tutto ciò costituisce insomma la realtà della Chiesa, in quanto realtà misterica e quindi in comunione e in quanto realtà storico-sociale e quindi soggetto in cui si attua la comunicazione. La prima e fondamentale forma di comunicazione è infatti la rivelazione, che al pari della trasmissione della fede, che ad essa sempre si riferisce, è un’ulteriore e determinante forma comunicativa. Eppure sia l’una che l’altra rimandano alla dimensione storica della Chiesa, insomma danno ragione e consistenza teologica alla realtà del popolo di Dio in quanto vero soggetto storico e vera grandezza teologica.

C) Un popolo che cammina nella storia costruendo la storia?

Il popolo di Dio come corpo storico oltre che mistico, compie alcune opzioni di fondo per camminare nella storia, come ci indica il cap. 7 della Lumen gentium , alla ricerca della patria definitiva e per costruire una storia sulla terra conforme al progetto di Dio. Per questo scopo, fa continuo ricorso alla Parola di Dio, che ne traccia il percorso, oltre a disegnarne l’identità 

1 ) Le opzioni inerenti all’ecclesiologia secondo la Parola di Dio sono:

a) un’opzione teologica (scegliere sempre Dio e la sua Parola);

b) un’opzione cristologica (scegliere sempre Cristo e coloro che Cristo ha prediletto);

c) un’opzione ecclesiologica (avere sempre un’identità di Chiesa che sia consequenziale con le opzioni precedenti).

L’opzione teologica rende possibile il primo passaggio: dal supernaturalismo ad un’evangelizzazione attraverso una vita credibile; l’opzione cristologica rende possibile il secondo: dalla carità come virtù individuale alla riscoperta dell'amore come dinamismo teologale; l’opzione ecclesiologica rende infine praticabili gli ultimi e decisivi passaggi: dalla Chiesa societas alla Chiesa come comunità; e dalla Chiesa come comunione alla Chiesa come popolo di Dio.

2) La ricerca della propria salvezza e la ricerca della salvezza degli uomini

a) «Solo chi ama gli uomini può capire il Vaticano II». Ciò riprende la concezione fondamentale dell’amore come via di autentica conoscenza (cf. Agostino e soprattutto il vangelo di Giovanni, che parla del praticare la verità, più che conoscerla: «Ma  chi opera la verità viene alla luce,  perché  appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» - Gv 3,21). Il principio riguarda sia l’amore verso Dio che verso il prossimo. Chi li ama entrambi li conosce anche; costui sarà in grado di capire il Vaticano II.

b) La Chiesa non esiste per sé, ma per volere ed azione della Trinità ed è per la salvezza del mondo. Una concezione clericale porta a una Chiesa introversa; una concezione basata sul popolo di Dio porta invece - come deve essere - a un’ecclesiologia estroversa[13].

c) Perché la Chiesa sia estroversa deve essere solidale, sì da rendere la solidarietà suo principio etico fondamentale.

Gaudium et spes, Nr. 1: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo».

Da dove nasce questa stretta unione della Chiesa con tutta la famiglia umana? Nasce dalla stretta unione con Dio. Perché talora manca alla Chiesa la solidarietà verso gli uomini? Perché le manca la vera familiarità con Dio.

La vera famiglia di Dio è quella che compie la verità: Mt 12,47-50: <<Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre»>>.

3) Per la discussione

a) Fino a che punto possiamo affermare di essere quella Chiesa che è famiglia di Dio in quanto compie la volontà del Padre?

b) Che cosa significa per noi oggi compiere la volontà del Padre?

c ) Quale posizione prendi rispetto alle opzioni fondamentali della Chiesa? Che cosa c’è ancora da aggiungere?

D) L'attualità del dialogo interreligioso e i suoi nodi storici e dottrinali.

1) Le altre religioni nella Bibbia

La Bibbia ha talora termini molto negativi verso le religioni delle “genti”, che adorano idoli inani e morti[14]. Una critica aspra si rinviene in Baruch, (interessi materiali dei sacerdoti e pratiche orgiastiche: Bar 6, 4-71).

Per una seconda linea biblica anche i pagani possono essere retti e praticare la giustizia. Nel Nuovo Testamento Paolo condanna le false religioni, perché esse hanno distolto gli uomini dalla vera conoscenza di Dio. Egli enuncia tuttavia un principio fondamentale: Dio si fa conoscere e si manifesta anche ai pagani[15]. Nella religione si deve praticare l’adorazione del Dio “ignoto” di cui egli parlava all’Aeropago di Atene (cf. At 17,22-27), un Dio di cui tutti i popoli vanno alla ricerca «andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi».

C’è inoltre una critica biblica verso il ritualismo giudaico senza pratica di fede e di giustizia. Ciò significa che non le forme storiche delle singole religioni in se stesse, ma la vita corrispondente a queste, è oggetto di verità o di falsità, di vera o falsa adorazione di Dio. Da questa duplice linea negativa e positiva[16] emerge l’universalità della volontà salvifica di Dio per tutti i popoli, sicché è netta l'affermazione che tutti sono chiamati alla salvezza, sebbene non sia sempre chiaro se occorra passare per la completa adesione dei popoli alla religione di Israele[17].

Ci sono passi biblici nei quali il Dio d’Israele parla degli altri popoli come di popoli che egli ha ugualmente a cuore. In Amos troviamo la sorprendente affermazione da parte di Dio che alcuni popoli stranieri, notoriamente pagani, come gli Etiopi, i Filistei e gli Aramei, sono equiparati a Israele, al punto di essere stati liberati come il popolo eletto dalla sua mano potente: «Non siete voi per me come gli Etiopi, Israeliti? Parola del Signore. Non ho fatto io uscire Israele dal paese d’Egitto, i Filistei da Caftòr e gli Aramei da Kir?» (Am 9,7).

Ciò dimostra la sovrana libertà di Dio e la sua benevolenza verso tutti, espressa con concreti interventi salvifici anche a vantaggio dei pagani[18]. L’idea è confermata dall’agire di Gesù, e da quell’affermazione degli Atti degli Apostoli che suona come una dichiarazione di principio sulla bocca di Pietro nel discorso al pagano Cornelio[19] e in altri passi del NT[20], che del resto potevano attingere ad episodi e detti di Gesù dalla portata universalistica. Cf. la sua contrapposizione alla ideologia nazionalista e discriminante degli zeloti[21] e gli elogi che Gesù indirizza a pagani che mostrano disponibilità ad accogliere la sua parola. Ne sono un esempio alcuni testi sinottici[22].

Già nell’AT Dio, non esclude nessuno, ma si intenerisce anche per popoli pagani[23], assiste il re pagano come Ciro chiamandolo “mio eletto” (Is 45,1-7). Collegata all’idea della misericordia verso i popoli, è l’idea della benedizione che si estenderà a tutte le genti. Abramo ne sarà il segno e il punto di riferimento: «Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,18; cf, 28,14)). Tutto ciò non rimane una vaga promessa. L’Apocalisse mostra la realizzazione di quelle parola, quando descrive: «Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani» (Ap 7,9).

2) Le religioni nei Padri della Chiesa e nella teologia preconciliare

I Padri della Chiesa risentono della duplice linea biblica. Alcuni prendono una posizione risolutamente radicale contro la salvezza dei non cristiani, come ad esempio, Taziano, Tertulliano, Teofilo d’Antiochia. Altri, come Giustino, avanzano la teoria del logoi spermatikòi, le ragioni seminali o i semina Verbi dei padri latini, in forza della quale si ravvisano nella sapienza culturale-letteraria del mondo greco-romano le sementi del Verbo, cioè i frammenti e i germogli di verità, che il Verbo stesso ha profuso anche tra i pagani. A ciò si congiungono l’idea della “preparazione evangelica” e della “pedagogia divina”, che giustificano uno specifico intervento divino, una sorta di rivelazione tutta particolare anche nei confronti dei pagani[24].

Secondo i Padri, il messaggio evangelico si innesta in tale humus, predisposto dalla pedagogia divina, secondo un movimento che è contemporaneamente di correzione e di integrazione[25]. Un altro spunto interessante nella dottrina della rivelazione di Dio ai pagani è l’“ispirazione segreta”: Dio avrebbe svelato in maniera segreta la sua volontà anche ad altri popoli non ebrei né cristiani.

Da Tommaso d’Aquino le religioni non cristiane sono considerate un male in quanto religioni[26], tuttavia, al pari di Origene, Agostino ed altri, anche Tommaso ammette la possibilità della rivelazione e dei miracoli anche presso i non cristiani[27].

In epoca rinascimentale N. Cusano aveva una visione positiva sulle altre religioni, fino a dire che il Logos si rispecchia in esse (la stessa predicazione di Maometto sarebbe da considerare un riflesso di quel Logos e i segni cultuali di altre religioni sarebbero da riferire ai sacramenti cristiani) e a parlare di una sola religione espressa in riti differenti: una religio in rituum varietate[28]

La posizione attuale, dopo le controversie del 1800, che vedremo, è quella del Vaticano II, che in tre aggettivi riassume il rapporto corretto tra la Chiesa e i valori religiosi e culturali degli altri popoli: purificare, assumere, perfezionare[29]. Ciò presuppone il riconoscimento della presenza e dell’azione del mistero pasquale anche presso le altre religioni[30]. Il passaggio da una teologia, che si esprimeva non di rado in termini di esclusione e contrapposizione, alla teologia conciliare si può sintetizzare con l’espressione di L. Sartori «da un’assolutezza escludente a una pienezza includente»:  «Non rapporto secco fra un “sì” (“sì, solo la Chiesa cattolica è vera Chiesa, sacramento di salvezza”) e un “no” (“no le altre non sono vere Chiese”); ma un rapporto fra ciò che può dirsi “integrale” (cattolico) e ciò che invece resta ancora “parziale ...”[31]. Ma ciò comporta anche la valorizzazione degli elementi positivi presenti nelle altre religioni[32].

 

3. Il Vaticano II: [la religione come coscienza del valore dell’uomo e percezione della forza arcana presente nel mondo]

a) Contesto complessivo

Assistiamo allo sforzo, più simpatetico, e perciò più oggettivo, mai compiuto dal cattolicesimo, per cogliere dall’interno della problematica umana il valore di ogni religione e della religione in assoluto. La prospettiva non era più quella della verità o non verità oggettiva delle religioni acattoliche, ma quella della ricerca dei significati e dei bisogni da queste espresse.

Partendo dal tema cardine del Vaticano II della vocazione dell’uomo, si può affermare che la “ricerca dell’uomo” è anche la “ricerca di Dio” e viceversa, perché le due domande sono profondamente correlate. La genesi dell’uomo, l’antropogenesi, è condizionata e determinata dalla sua vocazione: l’uomo va alla ricerca di Dio perché creato a sua immagine. Il senso della vita e della morte, il valore dell’amore e della solidarietà interumana, il posto dell’uomo nella storia e la meta finale di questa non sono disgiunti dal senso religioso, anzi costituiscono il risvolto antropologico di ciò che proprio la religione cerca di cogliere e di esprimere. Dobbiamo al Concilio la feconda correlazione tra questi due aspetti di un’unica realtà, che pervade tutti i documenti e, si potrebbe affermare, tutte le pagine del suo dettato, ma che affiora come tema esplicito soprattutto in alcuni testi dedicati all’argomento delle religioni: il documento sulla libertà religiosa e quello sulle religioni non cristiane.

b) Testi conciliari

Dignitatis Humanae esprime la scelta del taglio teologico per il quale il concilio ha optato, approfondendo la libertà religiosa sul versante dei rapporti sociali e basandola sulla dignità della persona umana. Si superava la concezione magisteriale del 1800 per la quale le altre religioni non hanno diritto di esistere perché erronee, al più sono da tollerare[33]. Si riprendeva invece il filone magisteriale contenente l’idea della presenza della grazia e della salvezza anche fuori della Chiesa cattolica[34], cui veniva in soccorso la dottrina dell’errore invincibile e dunque incolpevole, affermando che con una vita onesta, e certamente sotto l’influsso della Grazia, si può conseguire la salvezza[35].

Nel Vaticano II la libertà nella pratica della propria religione si suppone ispirata da una coscienza retta (anche se erronea), con una formulazione duplice: 1) nessuno può essere costretto ad abbracciare qualsiasi fede contro la sua volontà; 2) nessuno può essere impedito di manifestare la sua fede. Tale libertà deve essere tutelata, preparata nell’educazione, garantita da disordini ed atti che possano nuocere al bene comune.

La dichiarazione Nostra Aetate mostra un punto di partenza antropologico e teologico nello stesso tempo: attraverso le religioni l’uomo si interroga su se stesso e sull’ultimo significato del vivere[36], sicché nelle religioni si ammette, al n. 2,  «una certa sensibilità di quella forza arcana che è presente nel corso delle cose e degli avvenimenti della vita umana»[37]. Ciò si estende, al presente, ai diversi popoli e interessa gli uomini fin «dai tempi più antichi». Talvolta, grazie ad essa, «si riconosce la Divinità suprema o il Padre». Si menzionano innegabili aspetti positivi dell’Induismo[38], e il valore del Buddhismo[39], riconoscendo  che «anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano», perché «non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini».

Al n. 3 la dichiarazione parla della religione musulmana, della quale riconosce alcuni valori ed i punti di particolare vicinanza al cristianesimo (monoteismo, importanza della misericordia, dottrina della creazione e della remunerazione dopo la morte, venerazione di Gesù come profeta e onore riconosciuto alla Vergine Maria come sua Madre, valore della preghiera, del digiuno, dell’elemosina. Pur non nascondendo le incomprensioni del passato, si auspica dialogo e stima reciproca con l’islam e anche con l’Ebraismo, considerato al n. 4, a partire dal comune patrimonio spirituale che il cattolicesimo ha con esso e nel definitivo superamento dell’accusa di “deicidio”, tradizionalmente rivolta agli Ebrei.

Sul valore salvifico delle altre religioni cf. Lumen gentium che ribadisce: «quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e che tuttavia cercano sinceramente Dio e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salute eterna» [40]. La costituzione precisava che  «non possono salvarsi quegli uomini i quali pur non ignorando che la Chiesa Cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare»[41], ma ugualmente metteva in guardia contro l’incorporazione puramente formale: «Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col "corpo", ma non col "cuore"»[42].

E l'assioma Extra ecclesiam nulla salus? Già nella lettera del S. Uffizio all'Arcivescovo Cushing di Boston, nel 1949, citato anche in nota dalla Lumen gentium , si affermava con chiarezza che se è necessario appartenere alla Chiesa in ordine alla salvezza eterna, è sufficiente un'appartenenza con il desiderio in quanto votum implicitum Ecclesiae. Inoltre troviamo nel Vaticano II una gradualità nell'incorporazione alla stessa Chiesa, nella Lumen gentium, dal n. 14 (piena incorporazione dei cattolici) al n. 15 (congiunzione -coniunctam- dei cristiani non cattolici) al n. 16 (ordinamento - ordinantur- dei non cristiani).

4) Sviluppi successivi

La Remptoris missio di Giovanni Paolo II (1990) ribadisce il valore centrale della redenzione di Cristo, sicché altre mediazioni di vario tipo e ordine sono partecipazione alla mediazione di Cristo, non parallelecomplementari[43]. L’affermazione rafforza il senso dell’azione del suo mistero pasquale, rivissuto anche nelle altre religioni in riferimento alla Chiesa , anche se per vie misteriose[44].

C’è un maggiore riconoscimento del valore delle espressioni collettive quali le culture e le religioni. Al di dentro di esse e persino attraverso di esse si può mediare quel dialogo salvifico con Cristo nell'autenticità di chi corrisponde all'azione dello Spirito. C’è anche una conseguenza ecclesiologica, che muove dalla considerazione che chi risponde all’azione dello Spirito intercetta anche il cammino del popolo di Dio, come popolo messianico. È il popolo «costituito da Cristo per la comunione di vita, di carità e di verità», ma che è stato assunto da lui «come strumento di redenzione per tutti, ed è inviato a tutti gli uomini come luce del mondo e sale della terra (cf. Mt 5,12-16)»[45]. Le altre religioni partecipano pertanto, con un legame ad esso, al mistero di Cristo, anche per il fatto che la sconfitta della morte si compie attraverso la partecipazione alla sua risurrezione.

La posizione dell’enciclica appare quella del “cristocentrismo inclusivo”, nel senso che esprime «una pienezza includente», esprimendo nette riserve sulle prospettive teocentriche o regno-centriche, ritenute facilmente condivisibili dalle altre religioni[46]. In diversi passaggi sottolinea l’azione dello Spirito, che è «protagonista della missione» in quanto spinge all’annuncio come alla conversione[47]. Ma la sua azione è parimenti all’opera negli uomini come nelle religioni[48], sicché. «la presenza e l'attività dello Spirito non toccano solo gli individui, ma la società e la storia, i popoli, le culture, le religioni. Lo Spirito, infatti, sta all'origine dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell'umanità in cammino»[49].

Il successivo intervento della Commissione Teologica Internazionale ha ribadito le riserve sul pluralismo teocentrista, ma ha anche riconosciuto la possibilità di arrivare a Dio persino attraverso immagini false di lui ed anche attraverso riti e concezioni mitologiche. Contiene l’ammissione che «un atto salvifico si può avere anche attraverso una mediazione erronea; ma questo non significa il riconoscimento oggettivo di tale mediazione religiosa come mediazione salvifica, benché questa preghiera autentica sia stata suscitata dallo Spirito Santo»[50] 

5. Un’alternativa alla teologia dei commini paralleli.

Sosteniamo qui la posizione che ritiene le religioni come cammini non paralleli, ma convergenti verso la strada maestra che è Cristo. ritenendo che

a)            nelle religioni avviene l’incontro tra la ricerca dell’uomo da parte di Dio e la ricerca di Dio da parte dell’uomo .

b)          Cristo è non una via tra le altre, ma la Via, perché costituisce il punto d’incontro di questi due reciproci percorsi.[51],

c)            la centralità di Cristo è come punto iniziale e meta finale della storia: se tutto infatti è stato creato «per mezzo di lui» ed «in vista di lui» (Col 1,16) e con la sua incarnazione si è unito ad ogni uomo[52], ciò significa che le religioni diventano, con le culture e i popoli interessati, luoghi e strumenti di incontro con Dio.

d)          l’incontro in Cristo fonda e giustifica la ricerca continua dei momenti di dialogo, di collaborazione e di crescita comune con gli altri popoli.

 



[1] Marco 6,30-44:

<<Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pò». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini>>.

[2] Vangelo di Luca 12,49-53:

<<Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera>>.

[3] Vangelo di Luca 12,1-7:

<<Nel frattempo, radunatesi migliaia di persone che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: «Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia. Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti. A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri>>.

[4] L.Boff, Die Kirche als Sakrament im Horizont della We1terfahrung. Versuch einer Legitimation und einer struktur-funktionalistischen  Grundlegung der Kirche im Anschluß an das II. Vatikanische Konzil, Paderborn 1972.

[5] Cf. O. Semmelroth, «La Chiesa nuovo “popolo di Dio”», in G. Baraùna, La Chiesa del Vaticano II, Firenze 1965, 439-452.

[6] Cf. G. Mazzillo, «L'eclissi della categoria "popolo di Dio", in Rassegna di Teologia 36 (1995) 553-587; Idem, <<Un'ecclesiologia “relativamente maneggevole”>> in Rassegna di teologia (RdT), 38 [1997] 537-552). Cf. anche S. Dianich, che dedica un intero capitolo al tema «”popolo di Dio”: la forma fondamentale dell'aggregarsi dei cristiani», ma constata anche la scarsa fortuna da esso avuta nell'ecclesiologia recente  [S. Dianich, Ecclesiologia. Questioni di metodo e una proposta, Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1993, 231-255].

[7] Cf., ad esempio: «Cosi, si converrà facilmente che, senza il ricorso al paragone del “corpo di Cristo” applicato alla comunità dei discepoli di Gesù, è assolutamente impossibile cogliere la realtà della Chiesa. Le lettere di san Paolo, nel loro insieme, sviluppano, infatti, quel paragone in varie direzioni, come nota la stessa Lumen gentium al n. 7. Tuttavia, benché ponga in giusto rilievo l’immagine della Chiesa “corpo di Cristo”, il concilio dà maggior risalto a quella di “popolo di Dio”, non fosse altro che per il fatto che esso dà il titolo al capitolo II della stessa costituzione. Anzi, l’espressione “popolo di Dio”, ha finito per designare l’ecclesiologia conciliare. Difatti, possiamo asserire che si è preferito “popolo di Dio” alle altre espressioni, cui il concilio ricorre per esprimere il medesimo mistero, quali “corpo di Cristo” o “tempio dello Spirito santo”» (Commissione Teologica Internazionale, Temi scelti di ecclesiologia, 1985, 2.1: EV 9, 1683. Le sottolineature sono mie).

[8] Congregazione per la dottrina della fede, Alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione. Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica, Paoline, Milano 1992, n. 1, p. 3.

[9] Pertinente e documentata ci sembra l'affermazione di Dianich, quando afferma che quello della comunicazione è un tema teologico. L'autore capovolge così la posizione di W. Bartholomäus, «La comunicazione nella Chiesa. Aspetti di un tema teologico», in Concilium 14 (1978/1) 165-187. Cf. S. Dianich, «Teorie della comunicazione ed ecclesiologia», in Associazione Teologica Italiana, L'ecclesiologia contemporanea, Messaggero, Padova 1994, 134-178.

[10]È l'opinione sentita a Lovanio, al congresso internazionale di teologia del 1976. Cf. ciò che scrive P. Franzen, «La comunione ecclesiale principio di vita», in G. ALBERIGO, L'ecclesiologia del Vaticano II. Dinamismi e prospettive, Dehoniane, Bologna 1981, 172.

[11]Congregazione per la dottrina della fede, Alcuni aspetti della Chiesa..., cit., n. 9, p. 8.

[12] Cf. P.FRANZEN, «La comunione...», cit., 179.

[13] Cf., a riguardo, S. Dianich, Chiesa estroversa. Una ricerca sulla svolta dell’ecclesiologia contemporanea, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1987; S. Dianich - E. R. Tura, Vent’anni di Concilio Vaticano II. Contributi sulla sua recezione in Italia, Borla, Roma 1985; G. Alberigo - J. P. Jossua, Il Vaticano II e la Chiesa, Paideia, Brescia 1985; G. Alberigo et al. L’ecclesiologia del Vaticano II. Dinamismi e prospettive, EDB, Bologna 1981

[14] Cf. Salmo 115: «Gli idoli delle genti sono argento e oro / opera delle mani dell’uomo. / Hanno bocca e non parlano, / hanno occhi e non vedono, / hanno orecchi e non odono, / hanno narici e non odorano. / Hanno mani e non palpano, / hanno piedi e non camminano; / dalla gola non emettono suoni» (Sal 115, 4-7). Così è anche talora nei profeti, come in Isaia (Is 44, 9ss. 18-20: stoltezza dei fabbricanti degli idoli e cecità di cuore) e in Geremia sprezzante verso gli idoli che spaventano le genti: «... sono come uno spauracchio / in un campo di cocomeri, / non sanno parlare, / bisogna portarli, perché non camminano. Non temeteli, perché non fanno alcun male, / come non è loro potere fare il bene» (Ger 10,5).

[15] «…Poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato» (Rm 1,19).

[16] Cf. L. ARTISAS, “Teologia della religione”, in La Scienza della religione oggi, LAS, Roma, 198l, 256.

[17] Cf., ad esempio: «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: "Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri". Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore» (Is 2, 2-3).

[18] Così anche in Isaia: «In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore degli eserciti: "Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità"» (Is 19, 23-25).

[19] «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti"» (At 10,34-36).

[20] Cf. anche «se sapete che egli è giusto, sappiate anche che chiunque opera la giustizia, è nato da lui» (1Gv 2,29) e il racconto del giudizio finale, nel quale il Re accoglie e benedice quanti, pur non conoscendolo, lo hanno servito nel fratello affamato e assetato, forestiero e nudo, malato e carcerato (Mt 25,31-46).

[21]Cf. G. MAZZILLO, Gesù e la sua prassi di pace, La Meridiana, Molfetta 1990, 39-41.

[22]Si veda, ad esempio, Mt 15,28: «Allora Gesù le replicò: "Donna, davvero grande la tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita»; Mt 11,21-22 «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra» e Mt 8,10-11 (=Lc 7,9): (vedendo la fede del centurione, Gesù disse:) «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande». Ed ancora: «Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 8,11-12 = Lc 13,28-29).

[23] Cf. la risposta al profeta Giona, deluso per la non avvenuta distruzione di Ninive: «Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali» (Gn 4,10-11).

[24]Cf. L. ARTIGAS, Teologia della religione, cit. 81, 257 e passim. Per un aggiornamento su questo argomento cf. G. BOF, “La dottrina sui "semi del Verbo": origine e sviluppi”, in Credereoggi 9 (1989/6) 51. L'intero quaderno (54) è dedicato a “La pienezza di Cristo e i semi del Verbo”.

[25]G. THILLS, Religioni e Cristianesimo, Assisi, 1970, 37.

[26]Summa Th. II-II, q 10 ad 11, dove si affronta il problema se siano da tollerare i riti degli infedeli.

[27]Summa Th. II-II, q 2 a 7 ad 3.

[28]Sono idee espresse da N. Cusano nel De pace fidei.

[29]LG 17, EV/1 327.

[30] [Il mistero pasquale della salvezza] «non vale solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo infatti è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS 22, EV /1 1389).

[31] Jesus 8 (1986/10) 9. Sull'argomento lo stesso teologo è ritornato con sistematicità in L. SARTORI, L'unità della Chiesa. Un dibattito e un progetto, Queriniana, Brescia 1989, cf. particolarmente pp. 26-38.

[32] Così si rendono anche ben comprensibili e concretamente realizzabili le espressioni che si trovano in un interessante documento del 1979 dei Vescovi dell’Africa del Nord, che vivono in un contesto prevalentemente musulmano: «Il Regno di Dio non si realizza soltanto là dove gli uomini ricevono il battesimo. Tale regno avviene dovunque l’uomo è impegnato nella sua autentica vocazione, dovunque è amato, dovunque crea delle comunità nelle quali si impara ad amare: famiglie, associazioni, nazioni. Avviene dovunque il povero è trattato come un uomo, dovunque gli avversari si riconciliano, dovunque la giustizia viene sviluppata, dove la pace prende piede, dove la verità, la bellezza e il bene fanno crescere l’uomo» (Citato da M. D. Chenu in Jesus, cit., 4).

[33] Cf. Syllabus di Pio IX (1864) con la condanna dell’indifferentismo religioso: «[15] (Si condannano le affermazioni che ritengono:) Ogni uomo ha la libertà di abbracciare e coltivare quella religione che egli ritiene vera, perché condottovi del lume della ragione. [16] Gli uomini possono raggiungere la via della salvezza eterna e la salvezza eterna nel culto di qualsivoglia religione» [H. DENZINGER - A. SCHÖNMETZER, Enchiridion symbolorum definitiomum et declarationum de rebus fidei et morum, Herder, Freiburg i. B., 1965 (36.a), numeri (della nuova numerazione) 2915-2916]

[34]Sulla presenza della Grazia anche tra i pagani e gli appartenenti ad altre religioni cf., ad es., DS 2305, 2429 (contro il Giansenismo); 3014 (Vat. I: “Dio aiuta e spinge con la sua grazia anche gli erranti”).

[35]DS 2866 e l'allocuzione Singulari quodam (1954) (PII IX Acta 1/I, 626): cf. DS, pp. 570-571).

[36]Cf. n. 1. L'Introduzione recita: «Gli uomini delle varie religioni attendono la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo...» (EV 1 855).

[37]NA 2, EV/1 856.

[38] «Gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalla angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza».

[39] Si afferma che in esso «viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo materiale e si insegna una via, per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi e con l’aiuto venuto dall’alto».

[40]LG 16, EV/1 326.

[41] LG 14,  EV/1 322.

[42] LG 14,  EV/1 323.

[43]«Gli uomini, quindi, non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione dello Spirito. Questa sua mediazione unica e universale, lungi dall'essere di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complementari» (EV/12 562).

[44]L'enciclica sulla missione condensa questo pensiero ribadendo due fondamentali principi: «La mediazione della Chiesa è da intendere, in maniera derivata, come applicazione storica della mediazione di Cristo. Nel senso che la salvezza è sempre possibile anche al di fuori dell'appartenenza esplicita istituzionale alla Chiesa, e tuttavia, giacché ogni salvezza passa attraverso Cristo e dal momento che la Chiesa ne costituisce la mediazione storicamente efficace, ogni salvezza passa - sebbene misteriosamente - anche attraverso il sacramento universale della salvezza voluta da Cristo» (EV/12 568).

[45]LG 9: EV/1 309.

[46] Redemptoris Missio, n. 20, EV /9, 583-584 : <<Ci sono, poi, concezioni che di proposito pongono l'accento sul Regno e si qualificano come «regno-centriche», le quali dànno risalto all'immagine di una Chiesa che non pensa a se stessa, ma è tutta occupata a testimoniare e a servire il Regno. [...] Da un lato, promuovere i cosiddetti «valori del Regno», quali la pace, la giustizia, la libertà, la fraternità; dall'altro, favorire il dialogo fra i popoli, le culture, le religioni, affinché in un vicendevole arricchimento aiutino il mondo a rinnovarsi e a camminare sempre più verso il Regno. Accanto ad aspetti positivi, queste concezioni ne rivelano spesso di negativi. Anzitutto, passano sotto silenzio Cristo: il Regno, di cui parlano, si fonda su un «teocentrismo», perché - dicono - Cristo non può essere compreso da chi non ha la fede cristiana, mentre popoli, culture e religioni diverse si possono ritrovare nell'unica realtà divina, quale che sia il suo nome. Per lo stesso motivo esse privilegiano il mistero della creazione, che si riflette nella diversità delle culture e credenze, ma tacciono sul mistero della redenzione. Inoltre, il Regno, quale essi lo intendono, finisce con l'emarginare o sottovalutare la Chiesa, per reazione a un supposto «ecclesiocentrismo» del passato e perché considerano la Chiesa stessa solo un segno, non privo peraltro di ambiguità>>.

[47] Cf. soprattutto cap. III.

[48] «Lo Spirito si manifesta in maniera particolare nella Chiesa e nei suoi membri; tuttavia, la sua presenza e azione sono universali, senza limiti né di spazio né di tempo. Il concilio Vaticano II ricorda l'opera dello Spirito nel cuore di ogni uomo mediante i “semi del Verbo”, nelle iniziative anche religiose, negli sforzi dell'attività umana tesi alla verità, al bene, a Dio. Lo Spirito offre all'uomo “luce e forza per rispondere alla suprema sua vocazione”; mediante lo Spirito “l'uomo può arrivare nella fede a contemplare e gustare il mistero del piano divino”» (Ivi, n. 28: EV/9, 604).

[49] Ivi, 605.

[50]Commissione Teologica Internazionale, «Il cristianesimo e le religioni», in Il Regno-Documenti 42 (1997/3) 75-89, qui 77 (punto I.4). L’ultima precisazione fa riferimento al testo Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Dialogo e annuncio, n. 27.

[51]Riprendiamo questa precisazione, facendo tesoro di quanto asserito anche dalla «teologia del processo». In particolare J. Cobb, ha enunciato la relazione tra le vie delle religioni e la Via che è Cristo, insistendo soprattutto sull’atteggiamento spirituale di chi non ha paura del nuovo, ma sa leggerlo nella luce di Cristo: «Come alternativa a queste proposte io propongo la via della trasformazione creativa, cioè La Via che è Cristo. Ciò che voglio mettere in evidenza è che seguire questa Via non significa affidarsi ad un corpo stabilito di credenze, atteggiamenti e azioni. La fede cristiana è fiducia nella via anche se non sappiamo capire dove essa conduce. La fede cristiana è la volontà di abbandonare la sicurezza di modelli stabiliti per affrontare nuove provocazioni. Credenze estranee, con i loro atteggiamenti e le loro pratiche, che hanno una qualche apparenza ali verità e di virtù, sono le più importanti tra queste provocazioni» [J. Cobb, «Il cristianesimo è una religione?», in «Concilium» 16 (1980/6) 955-971, qui 968].

[52] Cf., tra l’altro, GS n. 22 EV/1 1385-1390 e Redemptoris missio, n. 6 EV/12, 564.