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APPUNTI PER LA VITA di COMUNITA' (di Giovanni Mazzillo / 1 Parte)

La scelta

 Vivere insieme rimane sempre da preferire al vivere da soli. Sebbene ci siano persone che sembrano realizzarsi coltivando la solitudine, le nostre stesse radici e la vocazione cristiana at­testano che veniamo dalla comunità e siamo fatti per la comunità.

  La nostra idea di comunità non è arbitraria. Noi cerchiamo di correggere lo spirito e il modo di stare insieme ascoltando la Parola di Dio. Sappiamo di avere sempre molto da imparare dall'u­nità dei primi cristiani, secondo le direttive tracciate negli Atti degli Apostoli, mentre ci sentiamo sostenuti dalla promessa di Gesù: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro".

  La scelta di vivere in comunità non può nascere da un'incapa­cità a vivere oltre nella propria famiglia e in quella rete di rapporti nei quali siamo normalmente coinvolti. Chi non riesce a vivere rapporti interpersonali nelle circostanze in cui la vita stessa lo pone, dovrà riflettere molto prima di entrare in comu­nità. Dovrà chiedersi se il suo disagio sia dovuto al suo indivi­dualismo, che non gli consente di armonizzarsi con gli altri, o se abbia  origine in una ricerca autentica e matura di rapporti più veri e più profondi, di rapporti più gratuiti che vadano al di là dei vincoli della "carne e del sangue". Solo in questo se­condo caso può entrare in una comunità diversa da quella nella quale le circostanze l'hanno posto a vivere. Chi invece nella sua famiglia o in precedenti stati di vita solitamente si scontra con gli altri o si ritaglia un suo spazio che scade nell'indifferenza o nella rassegnazione, dovrà prima imparare a condividere la sua vita e solo dopo avrà senso  cercarsi un'altra comunità.

  Se hai scelto di vivere in comunità, ricorda sempre che l'hai fatto non per simpatia, né per fuga dalla tua famiglia o dalle tue responsabilità. Sei entrato in un'altra famiglia, che radica­ta nel legame profondo e dolcissimo con il Cristo risorto, fa a­mare anche la propria famiglia con un'intensità diversa e persino più autentica. E proprio per questo matura la persona rendendola più consapevole e libera. Per la stessa ragione, se hai posto già mano all'aratro, non volgerti indietro. Conserva questa conqui­stata libertà, difendendola dagli  eventuali, ricorrenti strata­gemmi con cui la tua famiglia e la tua comunità d'origine, per lo più inconsapevolmente, cerca di avvilupparti ancora a sé.

 Le priorità

  Ricorda sempre che la vita comunitaria si regge su alcuni pila­stri, tra quelli individuati nella comunità degli Atti, che hanno priorità assoluta. Sono l'ascolto della Parola di Dio  e la pre­ghiera,  la partecipazione all'eucaristia e la condivisione dei beni, la testimonianza della vita e l'amore per il lavoro, l'im­pegno costante per gli altri e la ricerca continua della pace. L'ascolto della Parola avviene nei momenti di preghiera comunitaria, ma anche e soprattutto nel confronto diretto e con­tinuo della tua vita con lo spirito e la lettera delle beatitudi­ni. La nostra comunità vive la sobrietà nel mangiare e nel bere, nel vestirsi e nell'inevitabile coinvolgimento degli indispensa­bili acquisti. Vogliamo vivere con sobrietà per tante ragioni. Per solidarietà verso i più poveri e per condividere l'effettivo stato di bisogno di chi,  nel Sud o nelle altre periferie del mondo,  paga con ulteriore povertà la nostra incontrastata vo­lontà di sempre maggiore benessere. Per amore verso la natura, che a causa del nostro consumismo viene sempre più saccheggiata e rovinata. Riteniamo che la povertà a cui Gesù ha chiamato tutti e non solo i religiosi possa essere oggi vissuta come sobrietà e come continua condivisione dei propri beni: beni materiali e beni spirituali, quali la propria intelligenza, il proprio tempo, le proprie doti e ciò che ciascuno sa fare. Intendiamo in questo mo­do le beatitudini dei poveri e di quelli che piangono: essere so­lidali nei fatti e non con i grandi discorsi, nei gesti quotidia­ni e non nelle grandi occasioni. Pertanto prima di acquistare qualunque cosa, chiediti sempre se essa sia veramente necessaria. E se proprio ti è indispensabile prendi quella che costa meno delle altre.

 La mitezza, la fame e la sete della giustizia sono per noi strettamente congiunte con la costruzione della pace. Sappiamo che non esiste sulla terra una comunità ideale dove regni l'armo­nia perfetta. Nella vita quotidiana, poi, non mancano motivi e occasioni di conflitto. La ricerca della pace non nasconde i con­flitti, ma ci rende capaci di gestirli senza farsi male recipro­camente. La mitezza nel rispondere nasce da un ascolto continuo di Dio che mi parla attraverso le sue creature e nell'accoglienza ininterrotta dell'altro, di qualsiasi altro, considerandolo sem­pre un dono di Dio. Ciò rende capaci di accogliere la correzione fraterna, senza animosità. Rende parimenti abili a correggere l'altro senza ferirlo e senza alcuna venatura di vendetta, senza pretese di egemonia sulla persona altrui. Ricorda che chi sa ub­bidire sa anche comandare e chi sa accettare la correzione sa an­che ben impartirla. Cura dunque sempre di non cadere nella trap­pola delle alleanze ai danni di un fratello o di una sorella. Non accettare mai di parlarne male di lui in sua assenza. Le tue e­ventuali critiche non siano tali, ma siano atti di correzione che nascono dall'amore e tendono ad esso. Sappi comunque sempre dia­logare, pronto a dare con pacatezza le ragioni del tuo operato, ma soprattutto pronto ad accogliere le ragioni dell'altro.

 Ricerca la giustizia e la pace sempre. Abbi un cuore grande e generoso che, cercando di imitare la bontà del Padre celeste, predilige soprattutto coloro di cui nessuno si interessa. La tua fame e sete di giustizia ti facciano vivere la solidarietà come l'altra faccia della medaglia della sobrietà. Ma ti facciano an­che essere accanto ai poveri e agli infelici, agli oppressi e a quanti soffrono ingiustizia. Se la pace è frutto della giustizia, cura sempre di informarti adeguatamente in ogni questione, di a­nalizzare alla luce del Vangelo ogni situazione e di agire come agirebbe Gesù. Sapendo che la pace passa oggi attraverso i picco­li passi dell'informazione e dell'agire  organizzato, abbi cura di lavorare attivamente per la pace collaborando all'impegno di gruppi, associazioni e aggregazioni che si propongono un simile obiettivo.

 Compi il tuo lavoro  quotidiano con gioia e semplicità; senza ansia e senza pigrizia. Ricorda che con il lavoro si contribui­sce, per la propria parte, a migliorare il mondo che ci sta in­torno. Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi e se noti che in comunità qualcuno lavora più di te per il bene di tutti, non approfittare della sua generosità. La sapienza di colui che operosamente adempie bene i suoi compiti non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare le cose ordinarie in un modo straordinario.