La porta stretta, di cui parla Gesù nel Vangelo, può essere presa come l’immagine centrale di questa domenica. Non deve spaventarci, perché non indica in primo luogo una sorta di impraticabile eroismo, riservato solo a pochi privilegiati. Al contrario, afferma che per entrare nella salvezza c’è una specie di autentificazione, che travalica le nostre barriere religiose e nazionalistiche. Tutti coloro che hanno coltivato pensieri e opere di amore, secondo l’orientamento del Vangelo, saranno raccolti da ogni nazione e da ogni lingua (vedi prima lettura). Che cosa rende allora stretta questa porta? Il fatto che non possiamo attraversarla in nome di una conoscenza esteriore o formale di Cristo, ma solo se avremo lottato fino in fondo (agōnìzesthe), restando coerentemente sulla via già intrapresa, come quella che sta portando Cristo verso il compimento della sua vita (Gerusalemme).
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L’immagine presenta la luce di una porta stretta, al di qua della quale si intravedono sagome di persone che tengono alte le loro candele.
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Entreremo
oltre quella porta
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Isaia 66,18-20 << Io conosco le
loro opere e i loro pensieri; il tempo è giunto per raccogliere tutte le
nazioni e tutte le lingue; esse verranno e vedranno la mia gloria. Io
metterò un segnale tra di loro, e manderò alcuni dei loro scampati alle
nazioni, a Tarsis, a Pul e a Lud che tirano d'arco, a Tubal e a Iavan,
alle isole lontane, che non hanno mai udito la mia fama e non hanno mai
visto la mia gloria; essi proclameranno la mia gloria tra le nazioni.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli, da tutte le nazioni…>>.
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